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Brevi trame d’opera

Il paese dei campanelli

Il paese dei campanelli

Genere Operetta
Musica Carlo Lombardo, Virgilio Ranzato
Libretto Carlo Lombardo
Atti due
Prima rappr. 23 novembre 1923
Teatro Teatro Lirico di Milano
Personaggi
  • Bombon
  • Nela
  • Ethel
  • Pomerania
  • Hans (tenore)
  • La Gaffe
  • Attanasio Prot
  • Tarquinio Brut
  • Basilio Blum
  • Tom
  • Un consigliere

In un paesino olandese i tetti di ogni casa hanno dei campanelli; secondo una leggenda questi sarebbero “le guardie” del focolare domestico e inizierebbero quindi a suonare nel momento in cui qualcuno tradisce il proprio coniuge.

Attanasio: borgomastro e marito di Pomerania, una vecchia e brutta signora assai scortese con lui. Basilio: marito di Nela, la più dolce delle ragazze del villaggio, pronta a servire e riverire il coniuge. Tarquinio: è il più buffo, marito di Bombon la più lasciva del villaggio, questa è l’unica ad aver girato un po’ il mondo e ad aver avuto dei “precedenti”, innamorandosi di un galantuomo di Amsterdam, veste elegantemente e passa il tempo a posare per cartoline e organizzare feste.

Un giorno attracca al porto del villaggio una nave inglese di ritorno dal Giappone che deve rimanere lì per qualche giorno a causa di un guasto al motore. Il capitano Hans si invaghisce subito di Nela e resta abbastanza scettico rispetto alla storia dei campanelli. Il capitano è accompagnato da La Gaffe un marinaio pasticcione. Hans gli comunica che nel paese non ci sono donne, o meglio, che le donne non sono per loro, visto che nessuna vuole verificare che la leggenda sia vera o meno. La Gaffe propone quindi di inviare un telegramma all’Olympia Theatre di Londra per far arrivare delle canzonettiste e viene incaricato da Hans di spedire un telegramma anche a sua moglie per avvisarla.

Di notte il capitano riesce alla fine a sedurre Nela e Bombon a conquistare La Gaffe, anche se lei non si fa incantare troppo: è una donna molto sicura di sé e non sarà l’amore a farle scegliere se divenire o no amante di La Gaffe. Bombon alla fine invita il marinaio a raggiungerla in casa, ma lui non sa quale sia la dimora della amata e così fa un’altra gaffe ed entra in quella di Pomerania. I cadetti si uniscono quindi alle donne del villaggio e i campanelli iniziano a squillare su tutte le case e ciò fa capire ai mariti che la loro quiete coniugale è stata turbata e inizia quindi l’ostilità contro i nuovi venuti.

Il giorno seguente La Gaffe scopre di essersi introdotto nella casa sbagliata, mentre Pomerania riconoscendo l’amante ne è entusiasta, alla fine però il marinaio riesce a liberarsene. Scoperto il tradimento i tre mariti si trovano faccia a faccia con La Gaffe, Hans e un altro ufficiale e si decide all’unanimità che i mariti potranno stare con le canzonettiste per via del danno subito. Arrivate le canzonettiste vengono riconosciute come le mogli degli ufficiali da La Gaffe, che si rende conto di aver invertito i telegrammi. Per via degli accordi i marinai decidono di mandare in visita alle ragazze i mariti del villaggio, ma quando si rendono conto che quelle sono le loro mogli si adirano tantissimo. Il capitano Hans cerca di riappacificarsi con la moglie e alla fine Nela con gran tristezza capisce di essere stata ingannata dalle sue lusinghe.

A un certo punto si viene a conoscenza del resto della leggenda: si dice che se in un particolare giorno dalle sei del mattino alle sei di sera non ci saranno tradimenti, il villaggio sarà liberato dalla magia dei campanelli, altrimenti durerà per altri venticinque anni fino ad arrivare a un altro giorno in cui sarà possibile annullare l’incantesimo con le stesse modalità. Si dà il caso che il magico giorno sia proprio il giorno della partenza dei marinai che appunto lascerebbero il porto alle sei con le loro mogli. La Gaffe però decide di portare l’orologio del paese avanti di un’ora, così da poter unirsi a Bombon prima di partire, ma il trucco di La Gaffe non funziona e suonate le sei i campanelli iniziano a squillare.

Infine i cadetti e le loro mogli partono, lasciando infranto in cuore di Nela e alleggerendo quello dei mariti del villaggio, che alla fine si riappacificano con le spose.

Idomeneo

Idomeneo

Lingua originale italiano
Genere opera seria
Musica Wolfgang Amadeus Mozart
Libretto Giambattista Varesco
Fonti letterarie Idoménée di Antoine Danchet
Atti tre
Prima rappr. 29 gennaio 1781
Teatro Teatro Cuvilliés di Monaco di Baviera
Personaggi
  • Idomeneo, re di Creta (tenore)
  • Idamante, suo figlio (soprano/tenore)
  • Ilia, principessa troiana, figlia di Priamo (soprano)
  • Elettra, principessa; figlia d’Agamennone, re d’Argo (soprano)
  • Arbace, confidente del re (tenore)
  • Gran Sacerdote di Nettuno (tenore/baritono)
  • La Voce (basso)

Dopo la caduta di Troia. Idomeneo re di Creta torna in patria dal figlio Idamante, ma la sua flotta viene colta da una terribile tempesta in prossimità dell’isola. Il re pur di salvarsi fa voto a Nettuno di sacrificargli il primo uomo che incontrerà non appena giunto a terra.

Elettra, figlia di Agamennone, è invaghita di Idamante il quale è innamorato della prigioniere di guerra Ilia, figlia di Priamo re di Troia; venuto a conoscenza del ritorno del padre libera i prigionieri e dichiara il suo amore per Ilia, che si ritrova divisa tra l’amore per la sua patria e quello che prova per Idamante suo nemico. Elettra così accusa Idamante di proteggere il nemico e di oltraggiare tutta la Grecia.

Giunge Arbace, confidente del re, portando la falsa notizia che Idomeneo è annegato dopo un naufragio, così Elettra sfoga la sua disperata gelosia, pensando che ormai Idamante divenuto il nuovo sovrano, sposerà Ilia. Idamante si reca sulla spiaggia a causa della notizia divenendo così il primo uomo che il padre incontra sulla spiaggia. I due non si riconoscono a causa della lunga separazione, ma Idomeneo inorridisce quando scopre che il giovane incontrato è suo figlio Idamante: preso dal terrore, fugge e gli vieta di seguirlo.

 

Idomeneo confessa ad Arbace l’orribile voto che ha fatto per salvarsi la vita e questo gli suggerisce di inviare Idamante con Elettra ad Argo per salvargli la vita; Idomeneo in realtà sospetta che Idamante e Ilia si amino. Elettra manifesta la sua gioia sentendosi ormai prossima a realizzare il suo desiderio più ardente. Al momento della partenza Nettuno scatena una nuova tempesta e dal mare si leva un orribile mostro. Il popolo spaventato alla vista del mostro si rifugia dentro Sidone.

Idamante dichiara di essere deciso a cercare la morte combattendo il mostro, Ilia commossa gli confida il suo amore. Giungono Idomeneo ed Elettra e ancora una volta il re ordina al figlio di lasciare Creta per sottrarsi alla morte. Il Gran Sacerdote sollecita il re a compiere il voto e chiede il nome della vittima, così pronuncia il nome del figlio. Inizia il rituale del sacrificio, ma giunge Arbace ad annunciare che Idamante ha ucciso il mostro. Il principe a quel punto viene a conoscenza del voto del padre e si dichiara pronto a morire, ma nel momento in cui Idomeneo sta per colpirlo Ilia si precipita tra le sue braccia e si offre come vittima al posto dell’uomo che ama.
All’improvviso si sente la voce dell’Oracolo di Nettuno: Idomeneo deve rinunciare al trono in favore di Idamante che sposerà Ilia. Elettra furente impreca e poi fugge. Idamante viene incoronato tra cori e danze.

 

Libretto https://www.flaminioonline.it/Guide/Mozart/Mozart-Idomeneo-testo.html

Partitura https://imslp.org/wiki/Idomeneo,_K.366_(Mozart,_Wolfgang_Amadeus)

Rigoletto

Rigoletto

Lingua originale italiano
Musica Giuseppe Verdi
Libretto Francesco Maria Piave
Fonti letterarie Victor Hugo “Le Roi s’amuse”
Atti tre
Prima rappr. 11 marzo 1851
Teatro Teatro La Fenice, Venezia
Personaggi
  • Il Duca di Mantova (tenore)
  • Rigoletto, suo buffone di Corte (baritono)
  • Gilda, figlia di Rigoletto (soprano)
  • Sparafucile, sicario (basso)
  • Maddalena, sorella di Sparafucile (contralto)
  • Giovanna, custode di Gilda (mezzosoprano)
  • Il Conte di Monterone (baritono)
  • Marullo, cavaliere (baritono)
  • Matteo Borsa, cortigiano (tenore)
  • Il conte di Ceprano (basso)
  • La contessa di Ceprano (mezzosoprano)
  • Un usciere di corte (basso)
  • Un paggio della Duchessa (soprano)

Al Palazzo Ducale, durante una festa, il Duca confida al fido Borsa di voler conquistare una fanciulla, Gilda, che vede sempre all’uscita della chiesa. Borsa gli fa notare la bellezza delle dame presenti e il Duca, dopo aver dichiarato il suo spirito libertino, corteggia la Contessa di Ceprano provocando la rabbia del marito, che viene schernito dal buffone di corte Rigoletto. Intanto in disparte Marullo racconta agli altri cortigiani che Rigoletto, sebbene gobbo e deforme, avrebbe un’amante. Il conte di Ceprano, per vendicarsi dell’ironia offensiva del buffone, decide di vendicarsi mandando i suoi cortigiani a rapire la donna, che in realtà è la figlia che lui tiene accuratamente nascosta.

Al palazzo Ducale di Mantova. Improvvisamente irrompe il Conte di Monterone, vecchio nemico del Duca, che lo accusa pubblicamente di avergli sedotto la figlia. Rigoletto lo schernisce e Monterone maledice lui e il Duca, che ordina di arrestarlo, così Rigoletto spaventato dalle sue parole fugge. Mentre è sulla strada di casa il buffone viene avvicinato dal sicario Sparafucile che gli offre i suoi servigi. Rigoletto lo allontana e prosegue meditando sulla sua vita infelice e cercando di distogliere la mente dal pensiero ricorrente della maledizione. Giunto a casa riabbraccia Gilda e raccomanda alla domestica Giovanna di vegliare su di lei, ossessionato dalla paura che la fanciulla possa essere insidiata. Il Duca si è però già introdotto nella casa e osserva di nascosto la scena.
Andatosene Rigoletto egli avvicina la giovane e si dichiara innamorato spacciandosi per uno studente povero, Gualtier Maldè, ma è costretto a desistere dalla sua opera di seduzione data la presenza di qualcuno nei pressi della casa. Gilda, rimasta sola, esprime il suo amore per il giovane. Arrivarono i cortigiani con l’intenzione di attuare il rapimento, ma Rigoletto colto da un presentimento torna a casa, così gli fanno credere che stiano tramando il rapimento della contessa di Ceprano. Sollevato dai propri timori Rigoletto accetta di unirsi all’impresa. Così gli fanno indossare una maschera e lo bendano. Solo quando tutti sono partiti scopre il rapimento della figlia e ripensa alla maledizione ricevuta.

Rientrato a palazzo, il Duca, che era tornato a cercare Gilda poco dopo il loro incontro, si dispera per il rapimento della giovane, avvenuto nel breve tempo della sua assenza. Quando però i cortigiani lo informano di aver rapito l’amante di Rigoletto e che questa si trova nel Palazzo, egli capisce che la sorte lo ha in realtà favorito. Irrompe Rigoletto che, fingendo indifferenza, cerca la figlia mentre viene deriso dai cortigiani. Quando capisce che Gilda si trova nella camera del Duca sfoga la sua ira imprecando contro i nobili, che apprendono con sorpresa che la giovane è in realtà sua figlia, ma gli impediscono di raggiungerla. Esce Gilda che racconta al padre come ha conosciuto il giovane di cui ignorava la vera identità, mentre Rigoletto cerca di consolarla. Rigoletto così decide di vendicarsi e uccidere il Duca con l’aiuto di Sparafucile.

 

Rigoletto ha deciso di far vedere alla figlia chi sia veramente l’uomo che nonostante tutto continua ad amare. La conduce perciò alla locanda di Sparafucile dove si trova il Duca in incognito. Esso viene adescato dalla sorella del sicario, Maddalena; Gilda ha così modo di vedere di nascosto l’amato che inizia a corteggiarla. Poi Rigoletto ordina alla figlia di tornare a casa e partire immediatamente per Verona travestita da uomo per la sua incolumità. Dopo aver preso accordi con Sparafucile si allontana dalla locanda. Mentre si avvicina un temporale Gilda, già in abiti maschili, torna presso la locanda. Maddalena invaghitasi anch’essa del Duca supplica il fratello affinché lo risparmi e uccida al suo posto Rigoletto quando tornerà per pagarlo. Sparafucile non ne vuole sapere, ma alla fine accetta un compromesso: ucciderà il primo uomo che entrerà nell’osteria.

 

Gilda, sentendo la conversazione, decide di salvare l’amato, entra nella locanda e viene pugnalata a sangue freddo dal sicario. A mezzanotte, come convenuto, Rigoletto ritorna alla locanda e Sparafucile gli consegna il corpo in un sacco. Il buffone, illudendosi con grande soddisfazione della sua vendetta si appresta a gettarlo nel fiume quando, in lontananza, sente la voce del Duca. Raggelato si chiede di chi sia allora il corpo nel sacco e quando lo apre scopre con orrore Gilda in fin di vita, che in un ultimo anelito gli chiede perdono e muore tra le sue braccia. Rigoletto disperato si rende conto che la maledizione di Monterone si è avverata.

 

 

Libretto http://opera.stanford.edu/Verdi/Rigoletto/libretto.html

Spartitura http://www.dlib.indiana.edu/variations/scores/bhr8278/large/index.html

Paganini

Paganini

Data di composizione: 1925

Compositore: Franz Lehár

Lingua: Lingua tedesca
Libretto: Aul Knepler e Bela Jenbach

Personaggi
Nicolò Paganiti, violinista genovese (tenore)
Maria Anna Elisa, principessa sorella di Napoleone (soprano)
Durante una battuta di caccia nei pressi del castello di Lucca.
Felice Baciocchi, principe e marito di Anna Elisa (baritono)
Bella Giretti, cantante (soprano)
Giacomo Pimpinelli, Marchese e gran cerimoniere di corte (tenore)
Conte Hedouville, generale (tenore)
Contessa De Laplace, sua moglie (contralto)
Carolina (soprano)
La principessa Anna Elisa incontra il musicista Niccolò Paganini che deve dare un concerto al teatro di corte. Paganini ha la fama di gran conquistatore di donne, per cui il marito di Anna Elisa, il principe Felice, proibisce a Paganini di esibirsi. Il violinista genovese si arrabbia e solo Anna Elisa, che si sta perdutamente innamorando di lui, riesce a trattenerlo a corte.
Felice è geloso ma sua moglie gli ricorda di essere a conoscenza dei suoi trascorsi con la cantante Bella Giretti.
Passano i mesi.
Anna Elisa e Paganini si amano teneramente, ma il giovane violinista ha il vizio del gioco e ha ormai perso molto denaro, tanto che ha dovuto impegnare persino il suo violino. Fortunatamente è stato acquisito dal marchese Pimpinelli che vuole da Paganini la ricetta per poter avere tutte le donne ai suoi piedi. Frattanto il musicista dedica una canzone a Bella, che informa della cosa Anna Elisa. La principessa furibonda ordina che Paganini venga arrestato, ma poi se ne pente e revoca l’arresto. Paganini al solo pensiero di poter essere portato in prigione, si rifugia in una taverna malfamata.
L’impresario Bartucci, che è con lui, gli consiglia di dedicarsi esclusivamente alla musica a di non lasciarsi distrarre dalle passioni amorose. Bella nel frattempo diventa marchesa sposando Pimpinelli, mentre riappare per l’ultima volta Anna Elisa. La donna vuole rivedere ancora il suo Niccolò: per lei Paganini è stato il vero e unico amore.

Scatti rubati dietro le quinte di Addio giovinezza

Dietro le quinte di Addio giovinezza

Ecco alcuni scatti rubati durante una delle recite di Addio giovinezza,

dietro le quinte in attesa di entrare in scena.

Quando si pensa di non essere osservati i fotografi catturano i momenti nascosti.

Don Pasquale

Don Pasquale

Lingua originale italiano
Genere Opera buffa
Musica Gaetano Donizetti
Libretto Giovanni Ruffini e Gaetano Donizetti
Fonti letterarie Angelo Anelli, Ser Marcantonio, libretto per Stefano Pavesi (1808)
Atti tre (cinque quadri)
Prima rappr. 3 gennaio 1843
Teatro Théâtre-Italien Parigi
Personaggi
  • Don Pasquale; basso buffo
  • Dottor Malatesta intraprendente medico e amico di don Pasquale e amico di; baritono
  • Ernesto nipote di Don Pasquale giovine amante corrisposto di; tenore
  • Norina giovane vedova; soprano
  • Un Notaro; basso

Don Pasquale è un anziano e ricco settantenne. E’ adirato con il nipote Ernesto, futuro erede delle sue fortune, perché questi rifiuta di sposare una ricca e nobile zitella come da suo volere. Ernesto è invece innamorato di Norina, una vedova giovane e carina ma di modeste condizioni. Lo zio decide allora di diseredarlo sposandosi, così chiede al dottor Malatesta di trovargli una moglie adeguata. Questi però, amico di Ernesto, ordisce un piano per aiutare i due giovani; pertanto il dottore propone a Don Pasquale di sposare sua sorella Sofronia, donzella bella e pura appena uscita dal convento. Don Pasquale accetta esultante e così scaccia di casa il nipote Ernesto.

Il dottor Malatesta chiede a Norina, che Don Pasquale non conosce, di impersonare Sofronia per organizzare un finto matrimonio e dopo le nozze ridurre alla disperazione il vecchio. Ernesto però non è a conoscenza del piano; diseredato si dispera e decide di partire per terre lontane non potendo offrire a Norina una vita agiata.

Don Pasquale riceve la visita del dottor Malatesta e della finta Sofronia; subito si invaghisce della bella ragazza e vuole immediatamente concordare il matrimonio. Alla presenza di Carlo, cugino di Malatesta e finto notaio, Don Pasquale firma un contratto di nozze con il quale dona alla ragazza la metà dei suoi beni. Appena firmato il contratto, Norina muta immediatamente diventando arrogante e impertinente. In più comanda e spadroneggia per la casa e si dà a spese folli: raddoppia il salario alla servitù, ordina nuove carrozze e nuovi cavalli, progetta grandi feste, fa chiamare sarti e gioiellieri ma soprattutto disdegna le affettuose attenzioni del marito.

Don Pasquale è in preda allo sconforto per le ingenti spese che la moglie gli procura. Esasperato proibisce alla moglie di andare a teatro quella sera ma si busca come risposta un sonoro ceffone. Inoltre Norina gli fa credere di avere anche un amante. Disperato egli chiede aiuto a Malatesta, il quale però mette subito al corrente Ernesto del piano in corso e gli chiede di far la parte dello spasimante. Ernesto, nascosto nel boschetto del giardino della casa, canta una serenata alla sua bella per poi cantare insieme un duetto d’amore.

Don Pasquale, insieme a Malatesta, esce dal nascondiglio da dove osservava tutta la scena e accusa la finta Sofronia. Ernesto uscito dal nascondiglio rientra dal giardino e viene accolto da Don Pasquale che gli annuncia, per far dispetto alla moglie e convincerla ad andarsene, che egli potrà sposare Norina la quale diverrà la nuova padrona di casa. A questo punto però al vecchio viene rivelato l’intrigo ordito ai suoi danni ed egli, ben lieto di essersi liberato della terribile finta moglie, perdona tutti e benedice le nozze fra Ernesto e Norina.

 

Libretto http://www.librettidopera.it/zpdf/don_pasq.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Don_Pasquale_(Donizetti,_Gaetano)

 

Il barbiere di Siviglia

Il barbiere di Siviglia

Titolo orig. Almaviva o sia L’inutile precauzione
Lingua orig. italiano
Genere Opera buffa
Musica Gioachino Rossini
Libretto Cesare Sterbini
Fonti letterarie Le Barbier de Séville ou la Précaution inutile – Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
Atti due
Prima rappr. 20 febbraio 1816
Teatro Teatro Argentina, Roma
Personaggi
  • Il Conte d’Almaviva (tenore)
  • Don Bartolo, dottore in medicina e tutore di Rosina (basso buffo)
  • Rosina, sua pupilla (contralto)
  • Figaro, barbiere tuttofare (baritono)
  • Don Basilio, maestro di musica di Rosina (basso)
  • Berta, vecchia governante in casa di Bartolo (soprano)
  • Fiorello, servitore del Conte d’Almaviva (basso)
  • Ambrogio, servitore di Bartolo; un ufficiale; Magistrato; un notaroAlguazilssoldati.

Il Conte d’Almaviva è innamorato della bella Rosina, che abita nella casa del suo anziano tutore don Bartolo, a sua volta segretamente intenzionato a sposarla. Figaro consiglia al Conte di fingersi un giovane soldato ubriaco, Lindoro, a cui Rosina si dimostra presto interessata grazie anche ad una bella serenata cantata sotto le finestre della casa dello zio. Successivamente il barbiere procura a Lindoro un foglio che ne attesta la temporanea residenza in casa di don Bartolo. Il tutore, sospettoso, decide di affrettare le proprie nozze con Rosina così convoca Don Basilio.

Il maestro di musica della ragazza sa della presenza del Conte di Almaviva in Siviglia, così suggerisce a Don Bartolo di calunniarlo per sminuirne la figura. Figaro raggiunge Rosina e le conferma l’amore di Lindoro così la giovane, su consiglio del barbiere, gli scrive un biglietto. Don Bartolo rientra in casa sorprendendo Figaro e Rosina e accorgendosi che manca un foglio dal taccuino e la rimprovera.

Il Conte d’Almaviva irrompe nella casa di Don Bartolo fingendosi un soldato ubriaco, ma crea una tale confusione che arrivano i gendarmi. Quando però il Conte si fa riconoscere di nascosto dall’ufficiale, i soldati si mettono sull’attenti, lasciando Don Bartolo esterrefatto. Don Bartolo comincia a sospettare sulla vera identità del giovane soldato Lindoro. Giunge il maestro di musica Don Alonso, in realtà è il Conte nascosto sotto un nuovo travestimento, che afferma di essere stato inviato da Don Basilio, rimasto a casa febbricitante, a sostituirlo nella lezione di canto per Rosina.

Per guadagnare la fiducia del tutore, il finto Don Alonso gli mostra il biglietto che Rosina gli aveva mandato. Nel frattempo giunge Figaro con il compito di fare la barba al padrone di casa. Nonostante Figaro faccia il possibile per coprire la conversazione dei due giovani, Don Bartolo capta le loro parole e caccia tutti. Con lui resta solo Berta, la serva, a commiserare il vecchio padrone.

Don Bartolo fa credere a Rosina, mostrandole il biglietto consegnatogli da Don Alonso, che Lindoro e Figaro si vogliano prendere gioco di lei; amareggiata ella acconsente alle nozze con il suo tutore che prontamente fa chiamare il notaio. Giunge Don Basilio mentre Figaro e il Conte, con una scala, entrano in casa dalla finestra. Finalmente il Conte rivela la propria identità per chiarire la situazione e convincere la fanciulla della sincerità del suo amore.

Don Bartolo ha però fatto togliere la scala e i tre complici si trovano senza via di fuga. In quel momento sopraggiunge il notaio chiamato a stendere il contratto delle nozze tra Don Bartolo e Rosina. Approfittando dell’assenza temporanea del tutore, il Conte chiede a Figaro e a Don Basilio, dietro ricompensa, di fare da testimoni e inserire nel contratto il suon nome. Al suo ritorno Don Bartolo non può che arrendersi di fronte al fatto compiuto.

 

Libretto: http://www.librettidopera.it/zpdf/barb_siv.pdf

Partitura: http://imslp.org/wiki/Il_barbiere_di_Siviglia_(Rossini,_Gioacchino)

 

La vestale

La vestale

Titolo originale La Vestale
Lingua originale francese
Musica Gaspare Spontini
Libretto Victor-Joseph-Étienne de Jouy
Fonti letterarie storia romana
Atti tre
Epoca di composizione 1805-1807
Prima rappr. 15 dicembre 1807
Teatro Opéra, Parigi
Prima rappr. italiana 1811
Teatro teatro San Carlo, Napoli
Personaggi
  • Licinio, generale romano (tenore)
  • Cinna, comandante di legione (tenore o baritono)
  • Il Sommo Sacerdote ( basso)
  • Il capo degli aruspici (basso)
  • Un console (basso)
  • Giulia, giovane vestale (soprano)
  • La gran Vestale (mezzosoprano)

Licinio, appena tornato da una fortunata campagna militare contro i Galli, dichiara all’amico Cinna di essere innamorato di Giulia. La giovane tuttavia è destinata a diventare Vestale e esprime il suo dolore alla Gran Sacerdotessa che però la esorta a continuare i servigi come serva della dea. Durante la celebrazione del trionfo Licinio e Giulia si incontrano e si danno appuntamento per la sera al tempio.

È notte, e dal tempio giungono le preghiere delle vestali e della Sacerdotessa che onorano e benedicono il sacro fuoco di Vesta. Mentre Giulia riflette angosciosamente al tempio Licinio la raggiunge e si scambiano le promesse d’amore. All’improvviso il sacro fuoco di Vesta si spegne e Cinna riesce a far fuggire Licinio. Arrivano i sacerdoti e le vestali e capiscono che il fuoco si è spento per colpa di Giulia. Il Gran Sacerdote appare e chiede alla giovane chi fosse l’uomo che era con lei ma Giulia, non volendo rivelare chi fosse con lei, viene condannata al supplizio di essere murata viva.

Il giorno dopo Licinio è sconvolto per la condanna di Giulia e decide con l’amico Cinna ed altri suoi fedeli di far cessare il rito e di salvare Giulia. Intanto la ragazza viene condotta nella tomba. Lei mestamente saluta le sorelle e ricorda il suo triste amore con Licinio che vorrebbe ancora rivedere. Mentre Giulia si appresta al supplizio entrano Licinio, Cinna e gli armati per porre fine al rito macabro, quando improvvisamente un fulmine cade dal cielo squarcia il velo da vestale di Giulia, e riaccende il fuoco sacro. Il gran sacerdote interpreta l’avvenimento come uno scioglimento dai voti proferiti dalla giovane e come rappacificamento con la divinità. Tutto culmina nel tripudio generale. Giulia e Licinio sono ora liberi di amarsi.

 

Libretto http://www.dicoseunpo.it/S_files/vestale.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/La_vestale_(Spontini,_Gaspare)

 

La vedova allegra

La vedova allegra

Titolo originale Die lustige Witwe
Lingua originale tedesco
Genere operetta
Musica Franz Lehár
Libretto Victor Léon e Leo Stein
Fonti letterarie L’Attacché d’ambassade di Henri Meilhac (1861)
Atti Tre
Prima rappr. 30 dicembre 1905
Teatro Theater an der Wien, Vienna
Personaggi
  • Mirko Zeta, barone ambasciatore pontevedrino a Parigi (tenore)
  • Valencienne, sua moglie (soprano)
  • Danilo Danilowitsch, conte, segretario dell’ambasciata pontevedrina (tenore o baritono)
  • Hanna Glawari, ricca vedova (soprano)
  • Camille de Rossillon (tenore)
  • Cascada, visconte (tenore)
  • Raoul de St-Brioche (tenore)
  • Bogdanowitsch, console pontevedrino (baritono)
  • Sylviane, sua moglie (soprano)
  • Kromow, consigliere dell’armata pontevedrina (tenore)
  • Olga, sua moglie (soprano)
  • Pritschitsch, colonnello pontevedrino in pensione e addetto militare dell’ambasciata (baritono)
  • Praskowia, sua moglie (mezzosoprano)
  • Njegus, impiegato di cancelleria dell’armata pontevedrina (baritono)
  • LoloDodoJou-JouFrou-FrouClo-CloMargot, “grisettes” (soprani)

A Parigi. L’ambasciata Pontevedrina tenta di far sposare la ricca vedova Hanna Glavari con il conte Danilo, sua antica fiamma. Nel frattempo si sviluppa il triangolo amoroso tra il Barone Mirko Zeta, sua moglie Valencienne e Camille de Rossillon.

Hanna Glavari è rimasta vedova del ricchissimo banchiere di corte del piccolo stato di Pontevedro, un eventuale matrimonio con uno straniero provocherebbe la fuoriuscita dei milioni di dote della signora e il collasso delle casse statali. La vedova giunge a Parigi ed il sovrano di Pontevedro, preoccupatissimo, incarica il proprio ambasciatore a Parigi, barone Zeta, di trovarle un marito pontevedrino.

L’ambasciatore Zeta ed il suo cancelliere Niegus cercano un candidato e lo individuano nel conte Danilo Danilovich che in passato ha interrotto una storia d’amore con Hanna su pressione della famiglia, a causa delle umili origini di lei. Cogliendo l’occasione del compleanno del sovrano, il barone Zeta organizza una festa all’ambasciata durante la quale, con la complicità di Niegus, cerca di convincere Danilo a sposare la vedova. Hanna ama ancora Danilo, tuttavia non lo vuole dimostrare e anzi cerca di ingelosirlo.

Intanto si intreccia la storia d’amore della moglie del barone Zeta, Valencienne, con il diplomatico francese Camille de Rossillon; durante un ballo in casa Glavari i due si appartano nel padiglione; stanno quasi per essere scoperti dal barone Zeta quando Niegus, meno sbadato di quel che sembra, riesce a far uscire per tempo Valencienne e a sostituirla con Hanna. Quando Hanna esce dal padiglione con Rossillon, sembra chiara la scelta del futuro marito: un parigino. Tutto sembra compromesso; Danilo è furioso e lascia la festa ed il barone Zeta non capisce se la moglie lo ha tradito o no.

Ha luogo una nuova festa in casa Glavari con tema le atmosfere e i balli di Chez Maxim’s. Danilo si consola bevendo champagne e con le famose ballerine grisettes, Hanna gli spiega però che è stato Niegus a effettuare lo scambio di persona nel padiglione per salvare Valencienne.

Dopo tante schermaglie e sofferenze Danilo dichiara il proprio amore a Hanna che annuncia il suo matrimonio con Danilo.

 

Libretto http://padovacultura.padovanet.it/sites/default/files/documenti-eventi/libretto_x_web.pdf

 

Gianni Schicchi

Gianni Schicchi

Lingua originale italiano
Genere opera comica
Musica Giacomo Puccini
Libretto Giovacchino Forzano
Fonti letterarie da un episodio della Divina Commedia
Atti uno
Prima rappr. 14 dicembre 1918
Teatro Metropolitan, New York
Prima rappr. italiana 11 gennaio 1919
Teatro Teatro Costanzi, Roma
Personaggi
  • Gianni Schicchi (baritono)
  • Lauretta, sua figlia (soprano)
  • Zita detta “La Vecchia”, cugina di Buoso (contralto)
  • Rinuccio, nipote di Zita (tenore)
  • Gherardo, nipote di Buoso (tenore)
  • Nella, sua moglie (soprano)
  • Gherardino, loro figlio (soprano)
  • Betto Di Signa, cognato di Buoso, povero e malvestito (basso)
  • Simone, cugino di Buoso (basso)
  • Marco, suo figlio (baritono)
  • La Ciesca, moglie di Marco (mezzosoprano)
  • Maestro Spinelloccio, medico (basso)
  • Messer Amantio Di Nicolao, notaro (baritono)
  • Guccio, tintore (basso)
  • Pinellino, calzolaio (basso)

Gianni Schicchi, famoso in tutta Firenze per la sua intelligenza, viene convocato dai parenti di un mercante appena morto, Buoso Donati, con lo scopo di aiutarli ad uscire da una brutta situazione: il loro congiunto ha infatti lasciato in eredità i propri beni al vicino convento di frati senza disporre nulla in favore dei suoi parenti.

Inizialmente Schicchi rifiuta di aiutarli nutrendo antipatia verso l’aristocratica famiglia Donati, ma le preghiere della figlia Lauretta, innamorata di Rinuccio il giovane nipote di Buoso Donati, lo spingono a tornare sui suoi passi e ad escogitare un piano che si tramuterà successivamente in beffa. Dato che nessuno è ancora a conoscenza della dipartita, ordina che il cadavere di Buoso venga trasportato nella stanza attigua in modo da potersi lui stesso infilare sotto le coltri e dal letto del defunto, contraffacendone la voce, dettare al notaio le ultime volontà.

Schicchi assicura i parenti circa l’intenzione di rispettare i desideri di ciascuno, ricordando il rigore della legge che condanna all’esilio e al taglio della mano non solo chi si sostituisce ad altri in testamenti e lasciti, ma anche i suoi complici.

Schicchi declina dinanzi al notaio le ultime volontà e quando dichiara di lasciare i beni più preziosi al suo «caro, devoto, affezionato amico Gianni Schicchi» i parenti esplodono in urla furibonde. Così il finto Buoso li mette a tacere canterellando il motivo dell’esilio e infine li caccia dalla casa divenuta di sua esclusiva proprietà.

Fuori, sul balcone, Lauretta e Rinuccio si abbracciano teneramente mentre Gianni Schicchi sorridendo contempla la loro felicità, compiaciuto della propria astuzia.

 

Libretto http://www.teatroruggeri.it/wp-content/uploads/2013/11/Gianni-Schicchi.pdf

Partitura http://reinsweb.ddns.net/scores/P/Puccini,%20Giaccomo/Gianni%20Schicchi/GIAA.PDF

 

Falstaff

Falstaff

Lingua originale italiano
Genere commedia lirica
Musica Giuseppe Verdi
Libretto Arrigo Boito
Fonti letterarie Shakespeare, The Merry Wives of Windsor King Henry IV
Atti tre (sei quadri)
Prima rappr. 9 febbraio 1893
Teatro Teatro alla Scala di Milano
Personaggi
  • Sir John Falstaff (baritono)
  • Ford, marito d’Alice (baritono)
  • Fenton (tenore)
  • Dott. Cajus (tenore)
  • Bardolfo, seguace di Falstaff (tenore)
  • Pistola, seguace di Falstaff (basso)
  • Mrs Alice Ford (soprano)
  • Nannetta, figlia d’Alice e di Ford (soprano)
  • Mrs Quickly (contralto)
  • Mrs Meg Page (mezzosoprano)
  • L’oste della Giarrettiera (mimo)
  • Robin, paggio di Falstaff (mimo)

L’anziano e corpulento Sir John Falstaff alloggia con i servi Bardolfo e Pistola presso l’Osteria della Giarrettiera. Falstaff progetta di conquistare due belle e ricche dame: Alice Ford e Meg Page così invia alle due comari due lettere d’amore perfettamente identiche. Questo scatena lo sdegno e l’ilarità di Alice e Meg che, insieme alla comare Quickly e a Nannetta (innamorata del giovane Fenton ma promessa sposa del dottor Cajus) progettano una burla ai danni dell’impudente cavaliere tale da togliergli la voglia di atteggiarsi ad ardente seduttore.
Il marito di Alice, Mastro Ford, ed il dottor Cajus vengono informati dai servi di Falstaff delle intenzioni del padrone; (ignari del progetto delle donne) i due ideando a loro volta uno scherzo all’insaputa delle donne.

Mrs. Quickly reca a Falstaff un messaggio di Alice: la donna lo attende a casa dalle due alle tre, l’ora nella quale il marito è assente. Partita Quickly si presenta Ford, sotto il falso nome di signor Fontana, supplicando Falstaff di ricorrere alle sue rinomate arti amatorie per conquistare Alice, affinché la decida finalmente di concedersi a lui. Falstaff naturalmente accetta e confida al falso signor Fontana che la raggiungerà fra una mezz’ora. Quindi va a vestirsi e a imbellettarsi per l’appuntamento galante. Il gelosissimo Ford prima si dispera, poi decide di irrompere in casa propria con i suoi uomini per sorprendere gli adulteri.

Le donne nascondono Falstaff dentro la cesta del bucato. Al suo posto, dietro un paravento, Ford scopre la figlia Nannetta, intenta a scambiare tenerezze con Fenton. Infine Falstaff viene gettato nel fossato sottostante tra le risa di tutti i presenti.

Alice rivela al marito la verità e tutti si coalizzano per giocare a Falstaff l’ultima spettacolare burla: la comare Quickly lo convince a recarsi ad un secondo appuntamento con Alice e Meg a mezzanotte nel parco travestito da Cacciatore Nero. Tutti si travestono da fate e folletti; nella divisione dei ruoli a Nannetta tocca la splendida Regina delle fate ed il padre intende approfittare della confusione per sposare la figlia con il vecchio Dr. Cajus; mentre spiega il suo piano al dottore, indicando anche il travestimento che dovrà usare, viene udito per caso da Mrs. Quickly, che immediatamente avverte la giovane.

L’incontro galante si trasforma in tregenda: mascherati da creature fantastiche, tutti gli abitanti di Windsor circondano il panciuto seduttore, mentre una schiera di folletti (i bambini di Windsor) lo tormenta e lo costringe a confessare i suoi peccati. Finalmente Falstaff riconosce il servo Bardolfo e comprende di essere stato ancora una volta burlato. Intanto Ford sposa quella che crede sua figlia Nannetta con il Dr. Cajus ma tolto il velo si scopre che è invece Bardolfo!

Ford si rassegna e acconsente al matrimonio di Nannetta e Fenton e invita tutti a cena. Falstaff detta la morale della storia: «Tutto nel mondo è burla».

 

Libretto http://www.librettidopera.it/zpdf/falstaffv.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Falstaff_(Verdi,_Giuseppe)

Andrea Chenier

Andrea Chenier

Lingua originale italiano
Genere opera lirica
Musica Umberto Giordano
Libretto Luigi Illica
Atti 4 quadri
Prima rappr. 28 marzo 1896
Teatro Milano, Teatro alla Scala
Personaggi
  • Andrea Chénier (tenore)
  • Carlo Gérard (baritono)
  • La contessa di Coigny (mezzosoprano)
  • Maddalena di Coigny (soprano)
  • Bersi, serva mulatta (mezzosoprano)
  • Roucher (basso)
  • Mathieu, detto Populus, sanculotto (baritono)
  • Madelon (mezzosoprano)
  • Un Incredibile (tenore)
  • Pietro Fléville, romanziere pensionato del re (basso)
  • L’abate poeta (tenore)
  • Schmidt, carceriere a San Lazzaro (basso)
  • Il maestro di casa (basso)
  • Dumas, presidente del Tribunale di salute pubblica (basso)
  • Fouquier Tinville, accusatore pubblico (basso)

La rivoluzione francese è ormai alle porte, ma la nobiltà francese continua a vivere spensierata. La contessa di Coigny dà una festa nel suo castello. Alla festa prende parte il poeta Andrea Chénier che subisce le critiche di Maddalena la quale gli rimprovera di non scrivere poesie alla moda.   Il giovane difende con vigore i suoi ideali contro i costumi corrotti dell’epoca che stanno portando la società alla rovina. Maddalena, colpita dalle parole di Chénier, si scusa col giovane. Inizia la festa ma viene interrotta poco dopo per l’ingresso di un gruppo di mendicanti introdotto da Gerard, servitore mosso dall’odio per i suoi padroni tranne che per la contessina Maddalena di cui è segretamente innamorato. La contessa rimprovera il suo servo, che sdegnato si toglie la livrea, e la festa riprende e gli invitati si lanciano in una gavotta.

A Parigi nelle vicinanze del ponte Peronnet. Siamo nel periodo del Terrore e Robespierre imperversa. Chénier viene costantemente pedinato da un “Incredibile” messogli alle costole da Gerard, ormai divenuto un capo della rivoluzione. Una donna ignota gli scrive da tempo chiedendo protezione: si tratta di Maddalena di Coigny, cui i rivoluzionari hanno ucciso la madre; ella è costretta a vivere nascosta, ormai ridotta in povertà; si presta ad aiutarla la serva mulatta Bersi che, per guadagnare dei soldi per sé e per l’ex padrona, esercita la prostituzione.

Chénier viene invitato dall’amico Roucher a partire per evitare di essere catturato dai rivoluzionari, ma il giovane vuol prima conoscere la misteriosa donna delle lettere. Una sera vicino al ponte i due giovani si incontrano e Chénier riconosce subito Maddalena, la ragazza altera della festa ora così profondamente mutata. Fra i due divampa subito l’amore ma improvvisamente, avvertito dall”’Incredibile, irrompe Gerard, ancora innamorato di Maddalena. Fra lui e Chénier si accende un duello. Chénier ferisce gravemente il rivale e questi, per amore di Maddalena, consiglia al suo rivale di fuggire assieme alla donna che ama, in quanto è ricercato dai rivoltosi. Al popolo che accorre dichiara di non conoscere l’uomo che lo ha ferito.

Nel tribunale rivoluzionario. La Francia ha bisogno di soldati e denaro e Gerard, ormai guarito, cerca di convincere la folla a donare per la causa di eguaglianza. Una vecchia popolana cieca, Madelon, offre alla patria il suo unico nipote quindicenne. L'”Incredibile” rimasto da solo con Gerard, lo costringe ad accusare Chénier che nel frattempo era stato arrestato. Gerard esita ma la sua gelosia per Maddalena lo convince a denunciare il rivale. Maddalena sconvolta si offre al suo ex servo perché salvi la vita di Chénier. Questi commosso farà di tutto per salvare il giovane. Durante il processo, il poeta si difende da ogni accusa e Gerard, pentito di aver detto il falso, ritratta la denuncia. Questo non è però sufficiente e Chénier viene condannato a morte. Maddalena confusa tra la folla piange amaramente.

Nel cortile della prigione Andrea Chénier assistito dall’amico Roucher, si appresta a morire e scrive i suoi ultimi versi. Aiutata dal pentito Gerard Maddalena riesce ad ottenere un colloquio con Chénier e a corrompere la guardia. All’alba, quando i soldati vengono a prelevare i condannati, si sostituisce ad una prigioniera, Lidia Legrey, donandole il suo lasciapassare. I due amanti si avviano sereni incontro alla morte rapiti dall’estasi del loro amore. In un angolo Gerard piange amare lacrime mentre in una mano tiene il biglietto scritto da Robespierre per non vederlo: “Perfino Platone bandì i poeti dalla sua Repubblica”.

 

Libretto http://www.piranesi150.altervista.org/alterpages/files/AndreaChnierlibretto.pdf

 

Turandot

Turandot

Lingua originale italiano
Musica Giacomo Puccini (finale completato da Franco Alfano)
Libretto Giuseppe Adami e Renato Simoni
Fonti letterarie Turandot di Carlo Gozzi
Atti tre
Prima rappr. 25 aprile 1926
Teatro Teatro alla Scala di Milano
Personaggi
  • Turandot, principessa (soprano)
  • Altoum, suo padre imperatore della Cina (tenore)
  • Timur, re tartaro (basso)
  • Calaf, suo figlio (tenore)
  • Liù, schiava di Timur (soprano)
  • Ping, Gran Cancelliere (baritono)
  • Pang, Gran Provveditore (tenore)
  • Pong, Gran Cuciniere (tenore)
  • Un Mandarino (baritono)
  • Il Principe di Persia (tenore)
  • Il Boia (Pu-Tin-Pao) (comparsa)

A Pechino ai tempi delle favole. Un mandarino annuncia pubblicamente un editto: Turandot, figlia dell’Imperatore, sposerà il pretendente di sangue reale che riuscirà a svelare tre indovinelli molto difficili da lei stessa proposti; chi non saprà risolverli verrà decapitato.

Il principe di Persia, l’ultimo dei tanti pretendenti sfortunati, ha fallito la prova e sarà giustiziato al sorger della luna. Tra la folla desiderosa di assistere all’esecuzione, la schiava Liù accompagna il vecchio Timur; caduto a terra viene aiutato da un giovane, Calaf, che riconosce nell’anziano uomo suo padre re tartaro rimasto accecato durante la battaglia che lo ha privato del trono. Si abbracciano commossi ed il giovane prega il padre e Liù di abbassare la voce per non farsi riconoscere, per paura dei regnanti cinesi i quali hanno usurpato il trono del padre.

Ai primi chiarori lunari entra il corteo e la vittima, ma alla vista della giovane età del principe la folla commossa invoca la grazia. Giunge Turandot e glaciale ordina il silenzio e con un gesto dà l’ordine al boia di giustiziare il Principe. Calaf, che prima l’aveva maledetta per la sua crudeltà, è ora impressionato dalla sua bellezza così decide di tentare la risoluzione dei tre enigmi. Timur e Liù tentano di dissuaderlo, ma lui si lancia verso il gong dell’atrio del palazzo imperiale. Ping, Pong e Pang, tre ministri del regno, tentano di convincere Calaf a lasciar perdere, ma Calaf quasi in una sorta di delirio, si libera di loro e suona tre volte il gong invocando il nome di Turandot. La sfida è accettata.

Tutto è pronto per il rito dei tre enigmi. Da un lato del trono d’oro imperiale ci sono i sapienti che custodiscono le soluzioni degli enigmi, poi ci sono il popolo, il Principe ignoto ed i tre ministri. Sono presenti anche Liù e Timur. L’imperatore Altoum invita il principe Calaf a desistere, ma quest’ultimo rifiuta. Entra Turandot che spiega il motivo del suo comportamento: molti anni prima il suo regno era caduto nelle mani dei tartari, una sua antenata morì per mano di uno straniero, così Turandot giurò che non si sarebbe mai lasciata possedere da un uomo; per questo aveva inventato questo rito, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti.

Calaf riesce a risolvere uno dopo l’altro gli enigmi e la principessa, disperata e incredula, si getta ai piedi del padre supplicandolo di non consegnarla allo straniero, ma per l’imperatore la parola data è sacra. Turandot si rivolge allora al Principe e afferma che in questo modo egli avrà solo una donna riluttante e piena d’odio. Calaf la scioglie allora dal giuramento proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell’alba, riuscirà a scoprire il suo nome egli le regalerà la sua vita. Il nuovo patto è accettato.

La principessa è disposta ancora una volta ad uccidere pur di scoprire il nome, mentre Calaf, ignaro, convinto di vincere sogna le labbra di Turandot.

Ping, Pong e Pang offrono a Calaf qualsiasi cosa pur di conoscere il suo nome, ma il principe rifiuta. Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri e Turandot, che ordina loro di parlare. Liù, per difendere Timur, afferma di essere la sola a conoscere il nome del principe ignoto e che non lo svelerà mai. Subisce molte torture ma continua a tacere sorprendendo Turandot che le chiede cosa le dia tanta forza per sopportare le torture: Liù risponde che è l’amore a darle questa forza. Turandot rimane turbata per un momento da questa dichiarazione. Liù, sapendo che non riuscirà a tenerlo nascosto ancora, strappa un pugnale ad una guardia e si trafigge a morte. Il vecchio Timur abbraccia distrutto il corpo senza vita della fedel schiava.

Turandot e Calaf restano soli. Calaf adirato accusa la principessa di aver provocato fin troppo dolore in nome del suo odio e di essere ormai incapace di provare sentimenti, ma ben presto al suo odio si sostituisce l’amore di cui è incapace di liberarsi. La principessa lo respinge, ma poi ammette di aver avuto paura di lui la prima volta che l’aveva visto e di essere ormai travolta dalla passione. I due si scambiano un travolgente bacio.

Tuttavia ella è molto orgogliosa e supplica il principe di non umiliarla. Calaf le fa il dono della vita e le rivela il suo nome. Il giorno dopo al palazzo reale è riunita una grande folla. Squillano le trombe. Turandot dichiara pubblicamente di conoscere il nome dello straniero: «il suo nome è Amore». Tra le grida di giubilo della folla la principessa si abbandona tra le braccia di Calaf.

 

Libretto http://www.teatroverdisalerno.it/shared/binary/538_1_0/Libretto%20Turandot.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Turandot%2C_SC_91_(Puccini%2C_Giacomo)

Tosca

Tosca

Lingua originale italiano
Musica Giacomo Puccini
Libretto Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Fonti letterarie La Tosca
di Victorien Sardou
Atti tre
Epoca di composizione primavera 1896 – ottobre 1899
Prima rappr. 14 gennaio 1900
Teatro Roma, Teatro Costanzi
Personaggi
  • Floria Tosca, celebre cantante (soprano)
  • Mario Cavaradossi, pittore (tenore)
  • Il Barone Scarpia, capo della polizia (baritono)
  • Cesare Angelotti (basso)
  • Il Sagrestano (basso)
  • Spoletta, agente di polizia (tenore)
  • Sciarrone, Gendarme (basso)
  • Un carceriere (basso)
  • Un pastore (voce bianca)

Angelotti, bonapartista, fuggito dalla prigione di Castel Sant’Angelo, trova rifugio nella Basilica di Sant’Andrea della Valle dove sua sorella, la marchesa Attavanti, lo aiuta a travestirsi da femmina per passare inosservato. La donna è stata ritratta, inconsapevolmete, in un quadro dal cavalier Mario Cavaradossi. Quando un sagrestano irrompe nella chiesa Angelotti si nasconde nella cappella; mentre borbottando ordina gli attrezzi del pittore, questo sopraggiunge per continuare a lavorare al suo dipinto.

Il sagrestano si congeda e Cavaradossi scorge nella cappella Angelotti, che conosce da tempo. I due preparano il piano di fuga, ma l’arrivo di Floria Tosca, l’amante di Cavaradossi, costringe Angelotti a rintanarsi nuovamente nella cappella. Tosca espone a Mario il suo progetto amoroso per quella sera. Poi, riconoscendo la marchesa Attavanti nella figura della Maddalena ritratta nel quadro, fa una scenata di gelosia a Mario che a fatica riesce a calmarla e a congedarla. Angelotti esce dal nascondiglio e riprende il dialogo con Mario, che gli offre protezione e lo indirizza nella sua villa in periferia. Un colpo di cannone annuncia la fuga del detenuto: Cavaradossi accompagna Angelotti ma nella fuga dimentica il ventaglio del travestimento nella cappella.

Giunge la falsa notizia della vittoria delle truppe austriache su Napoleone a Marengo e arriva il barone Scarpia con i suoi scagnozzi, che sospetta fortemente di Mario anch’egli bonapartista. Per incolparlo e scovare Angelotti, cerca di coinvolgere Tosca, ritornata in chiesa per informare l’amante che il loro programma era sfumato in quanto ella è stata chiamata a cantare a Palazzo Farnese per festeggiare l’avvenimento militare. Scarpia, invaghito di Tosca, alimenta la gelosia della giovane mostrandole il ventaglio; costei, sospettando un incontro di Mario con la marchesa, giura di ritrovarli e si dirige verso la loro villa mentre viene seguita dal poliziotto Spoletta. Scarpia pregusta la sua doppia rivalsa su Cavaradossi, ucciderlo e prendergli la donna.

Mentre a Palazzo Farnese si sta svolgendo una grande festa alla presenza del Re e della Regina di Napoli per celebrare la vittoriosa battaglia, nel suo appartamento Scarpia sta consumando la cena. Spoletta e gli altri poliziotti conducono in sua presenza Mario che è stato arrestato. Questi, interrogato, si rifiuta di rivelare il nascondiglio di Angelotti e viene quindi condotto in una stanza dove viene torturato.

Tosca, dopo aver cantato al piano superiore, viene convocata da Scarpia, il quale fa in modo che possa udire le urla di Mario. Stremata dalle grida dell’uomo amato, rivela il nascondiglio dell’evaso: il pozzo nel giardino della villa di Cavaradossi. Mario, condotto alla presenza di Scarpia, apprende del tradimento di Tosca e si rifiuta di abbracciarla. Giunge un messo ad annunciare che la notizia della vittoria era falsa, e che invece è stato Napoleone a sconfiggere gli austriaci a Marengo. A questo annuncio Mario inneggia ad alta voce alla vittoria e Scarpia lo condanna immediatamente a morte.

Disperata Tosca chiede a Scarpia di concedere la grazia a Mario, ma il barone acconsente solo a patto che Tosca gli si conceda. Inorridita implora il capo della polizia e si rivolge a Dio. Ma tutto è inutile, Scarpia è irremovibile e Tosca è costretta a cedere. Scarpia convoca Spoletta e fa credere a Tosca che la fucilazione sarà simulata. Dopo aver scritto il salvacondotto che permetterà agli amanti di raggiungere Civitavecchia, Scarpia si avvicina a Tosca per riscuotere quanto pattuito, ma questa lo accoltella. Quindi prende il salvacondotto dalle mani del cadavere e, prima di uscire, pone religiosamente due candelabri accanto al corpo di Scarpia ed un crocifisso sul suo petto.

È l’alba. Sui bastioni di Castel Sant’Angelo, Mario è ormai pronto a morire e inizia a scrivere un’ultima lettera d’amore a Tosca, che non riesce a terminare. La donna arriva inaspettatamente e spiega a Mario di essere stata costretta ad uccidere Scarpia. Gli mostra il salvacondotto e lo informa quindi della fucilazione simulata. Scherzando, gli raccomanda di fingere bene la morte. Mario viene fucilato veramente e Tosca, sconvolta e inseguita dalla polizia per l’omicidio di Scarpia, si getta dagli spalti del castello.

 

Libretto http://www.librettidopera.it/zpdf/tosca.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Tosca,_SC_69_(Puccini,_Giacomo)

Le maschere

Le maschere

Lingua originale italiano
Genere opera buffa
Musica Pietro Mascagni
Libretto Luigi Illica
Fonti letterarie commedia dell’arte
Atti 1 prologo e 3 atti
Epoca di composizione 1900
Prima rappr. 17 gennaio 1901
Teatro Teatro alla Scala, Milano
Personaggi
Vocalità
Arlecchino Battocchio
Tenore
Brighella
Tenore
Colombina
Soprano
Florindo
Tenore
Giocadio
Recitante
il Capitan Spavento
Baritono
il dottor Graziano
Baritono
Pantalone de’ Bisognosi
Basso
Rosaura
Soprano
Tartaglia
Baritono

Giocadio presenta, in forma recitata, la commedia che sta per essere rappresentata da  una compagnia itinerante di teatranti ed il loro impresario. Ciascun personaggio si presenta con la propria caratterizzazione musicale. Un brillante dottor Graziano, che ironizza sulla sua professione medica dicendo di esser Becchino di nome e Boia di cognome. Un lamentoso Pantalone; un ironico Arlecchino; un’innamorata e un po’ patetica Colombina; un Tartaglia tanto balbuziente da contagiare anche l’orchestra; Rosaura e Florindo, che si presentano insieme come i tipi amorosi di entrambi i sessi. Infine Brighella e Capitan Spavento, il miles gloriusus tipico della commedia dell’arte.

Brighella decanta i poteri terapeutici dei suoi unguenti, gli altri personaggi rappresentando il caos della vita quotidiana. Brighella gioca con Colombina alla venturina fino a quando giunge Rosaura che legge una lettera del suo amato Florindo. Colombina, che vorrebbe sposare Brighela, porta brutte notizie. E’ venuta a conoscenza dell’intenzione di Pantalone di maritare la propria figlia con un ufficiale, chiamato da Rosaura un ammazza gente. Così mandano Tartaglia in avanscoperta.

Entra inscena Capitan Spavento, un vero miles gloriosus. Colombina reca la notizia della decisione di Pantalone che vuole far firmare il contratto di nozze tra Rosaura ed il Capitano quella sera stessa. Rosaura, Colombina, Florindo e Brighella non vogliono far firmare il contratto, così Brighella suggerisce di usare una polverina da sciogliere nelle bevande delle persone presenti al momento della firma.

Mentre Florindo e Rosaura rinnovano le loro promesse d’amore Colombina li avverte del sopraggiungere di altre persone; i due giovani si separano. Appare Arlecchino che in modo spigliato porge a Colombina due proposte di matrimonio, una delle quali destinata proprio alla donna che inizia a descrivere il suo uomo ideale. Arlecchino ritiene di leggere nelle parole della donna il suo ritratto, quando giunge Brighella che, dopo avergli dato un calcio, decanta ancora una volta le doti della sua polverina.

Capitan Spavento, con stile grottescamente, esalta le sue doti di seduttore; gli fa eco Arlecchino che introduce due danze il cui scopo è quello di rappresentare le due coppie. Subito dopo si attua l’inganno della polverina che immediatamente sortisce il suo effetto creando un caos tale da mandare a monte il matrimonio. Alla fine tutti se ne vanno, lasciando soli Arlecchino e il Capitano, al quale il Dottor Graziano inavvertitamente aveva sottratto la valigia.

Pantalone, Brighella e Florindo appaiono ancora frastornati dal caos avvenuto in precedenza. I tre uomini si trovano sotto la finestra di Rosaura; Florindo suggerisce, per svegliarla, di intonare una serenata piuttosto lunga. Nel frattempo si cerca un piano alternativo per evitare il matrimonio tra Rosaura e il Capitano che Florindo vorrebbe sfidare a duello.

Colombina, fingendo di ricambiare le attenzioni di Arlecchino, servo del Capitano, si fa promettere da quest’ultimo che avrebbe indotto lo sgangherato militare a desistere dal suo progetto matrimoniale. Questi, mostrando le armi,  afferma di non volere desistere dal matrimonio con Rosaura. Contrariamente al suo fare spaccone il Capitano mostra subito la sua pusillanimità quando si “spaventa” per dei rumori, prodotti da una folla inferocita “capitanata” da Florindo, il quale dichiara la sua volontà di sfidare a duello il militare il quale, invece, pensa solo a come salvarsi. A dirimere la vicenda intricata arriva il dottore che, avendo letto i documenti contenuti nella borsa del Capitano della quale era venuto in possesso per caso, smaschera l’uomo. Pantalone acconsente alle nozze di Rosaura e Florindo a patto che tra nove mesi nasca un bel Pantaloncino.

 

Partitura http://imslp.org/wiki/Le_maschere_(Mascagni%2C_Pietro)

 

Iris

Iris

Lingua originale italiano
Musica Pietro Mascagni
Libretto Luigi Illica
Atti tre
Genere Melodramma
Prima rappr. 22 novembre 1898
Teatro Roma, Teatro Costanzi
Personaggi
  • Il cieco (basso)
  • Iris (soprano)
  • Osaka (Jor) (tenore)
  • Kyoto (baritono)
  • Una geisha (soprano)
  • Un merciaiolo (tenore)
  • Un cenciaiolo (tenore)

In un villaggio del Giappone alla fine dell’800. Un ricco nobile, Osaka, fallisce nell’intento di sedurre la giovane e modesta Iris. L’ingenua figlia di un vecchio cieco, vive lieta godendo delle semplici cose della nature. Il nobile così persuade Kyoto, gestore di un bordello, a rapirla durante uno spettacolo di burattini che la incanta: la trama espone gli amori contrastanti di Dhia e Jor, figlio del Sole, al qualelo stesso Osaka presta la voce. La giovane avvicinatasi tra la folla, per assistere allo spettacolo, viene afferrata e trascinata via.

Osaka tenta invano di conquistare Iris che, risvegliatasi nella sua ricca abitazione dopo avere perduto i sensi, riconosce nella voce del giovane quella di Jor. Corteggiata da Osaka ella ne respinge ogni lusinga e si mostra insensibile anche al suo bacio appassionato; il giovane annoiato la lascia in balia di Kyoto, che la veste e la espone nella casa di piacere.

Nel mentre il padre, disperato va alla ricerca della figlia. Sulla soglia di casa gli vene recapitata una missiva in cui si dice che la fanciulla è volontariamente fuggita e viene a conoscenza della sua presenza in questo luogo di perdizione. Il vecchio chiede che lo si guidi in città alla ricerca di Iris. Giunge a Yoshiwara, la figlia vedendolo è felice di poterlo riabbracciare, ma il vecchio inorridito la maledice e la ripudia.

Iris disperata scappa e si getta per la vergogna in un baratro, muore sotto il bacio del sole che trasforma il suo corpo nel fiore che ha il suo nome.

 

Libretto http://www.librettidopera.it/zpdf/iris.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Iris_(Mascagni%2C_Pietro)

L’amico Fritz

L’amico Fritz

Lingua originale italiano
Genere Commedia lirica
Musica Pietro Mascagni
Libretto P. Suardon
Fonti letterarie Commedia L’ami Fritz del 1876 di Erckmann-Chatrian.
Atti tre
Prima rappr. 31 ottobre 1891
Teatro Costanzi, Roma
Personaggi
  • Fritz Kobus (tenore)
  • Suzel (soprano)
  • Beppe lo zingaro (mezzosoprano)
  • David il rabbino (baritono)
  • Federico (tenore)
  • Hanézo (basso)
  • Caterina (soprano)

Fritz Kobus è un ricco giovane scapolo, considerato un benefattore del suo paese. Passa la sua vita con gli amici Federico e Hanezò, anch’essi fedelissimi al celibato, e si prende gioco del buon rabbino David, desideroso d’intrecciare fidanzamenti e benedire matrimoni. Così scommette col rabbino una delle sue belle vigne che questi non riuscirà a convertire lui pure al matrimonio.

Alla festa di Fritz giunge Suzel, la giovanissima figlia del fattore, a recare al  padrone il suo modesto dono, un mazzolino di violette. Questi resta colpito dalla bellezza e dalla grazia della fanciulla e la fa sedere con gli amici alla sua tavola. Arriva Beppe, un giovane zingaro che fu salvato dal padrone durante una bufera, e sul suo violino canta le sue lodi. Fritz protesta e afferma di non meritare tanti riconoscimenti. Suzel, timidissima, chiede il permesso di andarsene, mentre David sentenzia che presto quella ragazza sarà la più vaga sposina dell’Alsazia.

Fritz decide di passare alcuni giorni nella fattoria; col tempo si affeziona a Suzel, ha con lei ingenui e dolci colloqui, ma non osa confessare neanche a se stesso di essersi innamorato della ragazza. Suzel è innamoratissima del giovane padrone, ma la sua timidezza e il pensiero di essere di condizione molto inferiore le impediscono però di manifestare i suoi sentimenti.

Il rabbino David, che si è accorto di tutto, riesce con uno stratagemma, facendo recitare il brano della Bibbia che riguarda Rebecca e il suo amore per Isacco, a far confessare alla fanciulla il suo segreto. Subito dopo, parlando a Fritz del prossimo matrimonio di Suzel con un giovane del paese, ha la certezza che anche il giovane è innamorato. Fritz riparte nascondendo a stento il suo disappunto e la sua agitazione, senza neanche salutare Suzel che cade in preda alla disperazione a causa del gesto.

Tornato nella sua casa, Fritz è triste e pensa continuamente alla ragazza che ha lasciato senza neanche un saluto. Beppe tenta di consolarlo narrandogli le sue pene d’amore; David  giunge a parlargli ancora dell’imminente matrimonio di Suzel: il padre della ragazza dovrà venire quello stesso giorno per il consenso del padrone. Fuori di sé per la gelosia, Fritz grida che non darà mai il suo consenso.

Suzel lo supplica timidamente di aiutarla a salvarsi da quelle nozze che essa non vuole, il giovane non resiste più e confessa il suo amore. Con grande gioia del rabbino, che così ha vinto la vigna ma la regala a Suzel come dono di nozze, i due giovani sono finalmente uniti. E David pensa già a cercare moglie anche per Federico e Hanezò, gli amici di Fritz ancora scapoli.

 

Libretto http://www.teatrolafenice.it/media/3fulq1462538276.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/L’amico_Fritz_(Mascagni%2C_Pietro)

La serva padrona

La serva padrona

Titolo originale La serva padrona
Lingua originale italiano
Genere Opera buffa (Intermezzo)
Musica Giovan Battista Pergolesi
Libretto Gennaro Antonio Federico
Atti due
Prima rappr. 28 agosto 1733
Teatro Teatro San Bartolomeo, Napoli
Personaggi
  • Uberto (basso)
  • Serpina (soprano)
  • Vespone, servo di Uberto (personaggio muto)

I protagonisti sono: un ricco e attempato signore di nome Uberto e la giovane e furba Serpina, che lavora al suo servizio. La giovane serva, con il suo carattere prepotente, approfitta della bontà del suo padrone.

Uberto, per darle una lezione, le dice di voler prendere moglie, così la giovane gli chiede di sposarla, ma lui, anche se è molto interessato, rifiuta.

Per farlo ingelosire Serpina gli dice di aver trovato marito, un certo capitan Tempesta, che in realtà è l’altro servo di Uberto, Vespone, travestito da soldato.

Serpina chiede a Uberto una dote di 4000 scudi. Uberto, pur di non pagare, sposerà Serpina, la quale da serva diventa finalmente padrona.

 

Libretto http://www.librettidopera.it/zpdf/servapad.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/La_serva_padrona_(Pergolesi%2C_Giovanni_Battista)

 

I racconti di Hoffmann

Il racconti di Hoffmann

Les contes d’Hoffmann è un’opera fantastica in cinque atti di Jacques Offenbach su con libretto di Jules Barbier, tratto da una pièce scritta nel 1851 in collaborazione con Michel Carré.

È la seconda opera composta da Offenbach, compositore dedito al genere dell’operetta, che tuttavia morì prima di completarne la strumentazione, terminata in seguito da Ernest Guiraud. La prima rappresentazione all’Opéra-Comique di Parigi nel 1881.

Nella taverna di mastro Luther, in prossimità del teatro dell’opera di Norimberga, si parla della famosa cantante di nome Stella la quale interpreta il ruolo di Donna Anna nel Don Giovanni. La donna ha risvegliato l’amore di due personaggi: Hoffmann, poeta, ed il consigliere municipale Lindorf, un uomo sposato che la corteggia.

Il consigliere si impossessa della chiave della stanza della cantante, destinata in realtà al poeta. Gli studenti entrano cantando seguiti da Hoffmann accompagnato dal suo fedele amico Nicklausse. Il compagno del poeta paragona la storia amorosa di Hoffmann con quella di Don Giovanni, alludendo al testo dell’aria di Leporello “Notte e giorno faticar”. 

Poco dopo Hoffmann si incontra con Lindorf, che si burla del poeta. Questi, però, crede di riconoscere nel consigliere le forze del male che sempre l’hanno tormentato. La tensione fra i due personaggi sfocia in un reciproco scambio di insulti. Dopodiché, Hoffmann torna a conversare con gli studenti e inizia a raccontare loro le sue esperienze con tre amori del passato, Olympia, Giulietta e Antonia, le cui caratteristiche si trovano riunite in Stella.

Atto II

Dedicato a Olympia, si svolge a Parigi.

Il fisico e inventore Spalanzani si inorgoglisce della sua creazione, una bambola meccanica chiamata Olympia. Hoffmann, suo allievo, è perdutamente innamorato della fanciulla che crede una donna vera. Entra in scena Coppelius, un rivale di Spalanzani, che vende a Hoffmann delle lenti che consentono una migliore visione, in questo modo il poeta potrà vedere in modo perfetto la bella Olympia. Ma Spalanzani è venuto a riscuotere l’assegno per aver creato gli occhi della bambola.

Cominciano ad arrivare gli invitati per la festa organizzata da Spalanzani per presentare la sua creazione. Olympia interpretarà un’aria. Nel bel mezzo della presentazione Spalanzani deve avvicinarsi precipitosamente a lei per ricaricare il suo meccanismo e impedire che si interrompa la finzione. Però l’estasiato Hoffmann non sembra rendersi conto di quest’ennesima prova dell’artificialità della sua amata.

Terminata la aria il poeta il poeta dichiara il suo amore all’automa. Tuttavia, quando prende la mano della fanciulla, Olympia si alza e dopo essersi mossa in varie direzioni, esce dalla sala. Entra Coppelius, che ha verificato che l’assegno che non è coperto, con l’obiettivo di vendicarsi. Hoffmann comincia a danzare con Olympia, ma la sua compagna meccanica volteggia sempre più velocemente finché il suo inventore si vede obbligato a darle un colpetto sulla spalla per farla smettere.

La fanciulla si allontana dalla stanza senza smettere di danzare. Una volta sparita dalla vista si ode un grande fracasso provenire dalla sua stanza: Coppelius ha compiuto la sua vendetta e ha distrutto Olympia, con grande orrore di Hoffmann, che finalmente si rende conto di essersi innamorato di una donna meccanica. Gli invitati si burlano del poeta afflitto, mentre Spalanzani e Coppelius si insultano a vicenda.

Atto III

Dedicato ad Antonia, si svolge a Monaco.

Hoffmann è innamorata della giovane Antonina che ha ereditato la tubercolosi dalla madre. La donna rivela a Hoffmann che il padre le ha proibito di cantare a causa della sua malattia. Tuttavia, il suo innamorato la incoraggia a sedersi al pianoforte e a intonare con lui il loro duetto amoroso ma la giovane si sente male. Avvertendo il sopraggiungere del padre Hoffmann decide di nascondersi.

Giunge il dottor Miracle; il padre di Antonia non desidera che il dottore la visiti, teme che ciò aggravi le sue sofferenze, così come era stato per la sua defunta moglie. Per mezzo delle arti magiche, Miracle fa la diagnosi della malattia di Antonia e desidera far cantare la giovane ma Crespel, in preda all’indignazione, caccia il medico da casa sua. Quando in fine Hoffmann chiede all’amata di abbandonare per sempre il sogno di diventare cantante facendole promettere di non cantare più.

Appena Hoffmann si allontana riappare Miracle che loda la bellissima voce di Antonia e la convince che la attende un futuro straordinario come cantante professionista; confusa, Antonia, si avvicina al ritratto della madre.Il ritratto prende vita e le consiglia di cantare, mentre il losco dottor Miracle impugna con entusiasmo un violino. Alla fine, il medico sparisce sotto il pavimento, il ritratto torna ad assumere il suo aspetto normale e la povera Antonia cade a terra, agonizzante.

Crespel torna appena in tempo per dare l’estremo saluto alla figlia. Arriva in quel momento Hoffmann, che il liutaio accusa di essere la causa della morte della figlia. Il poeta chiede a Nicklausse di chiamare un medico. Torna il dottor Miracle, che alla fine constata la morte di Antonia.

Atto IV

Dedicato a Giulietta, ambientato a Venezia.

In un grande palazzo dal quale si vede il Canal Grande. Nicklausse e una cortigiana di nome Giulietta cantano la celebre barcarola alla presenza di numerose persone. Quando finisce, Hoffmann intona un brindisi e lo dedica alla cortigiana della quale è perdutamente innamorato. Giulietta presenta Hoffmann a altri due suoi ammiratori, Schlemil, con il quale la giovane ha una relazione, e Pitichinaccio, e propone loro di giocare una partita a carte.

Rimasti soli, Nicklausse consiglia a Hoffmann di non commettere sciocchezze, ma l’avventato scrittore decide di non prestare attenzione agli avvertimenti dell’amico. Compare Dapertutto, uno stregone che si serve di Giulietta per manipolare la volontà delle sue vittime. Lo strano personaggio, che è già riuscito a rendere schiavo dei suoi poteri Schlemihl, adesso vuole impadronirsi di Hoffmann.

Con un diamante con il quale circuisce Giulietta, le chiede di sedurre Hoffmann allo scopo di rubargli l’anima catturando il suo riflesso in uno specchio. Hoffmann dichiara  il suo amore per Giulietta e lei fa sapere che i suoi sentimenti sono corrisposti e lo mette in guardia dal carattere geloso del suo amante, Schlemihl. Dopodiché invita il poeta a guardarsi in uno specchio per conservare la sua immagine riflessa una volta che se ne sarà andato.

Dapertutto mostra a Hoffmann uno specchio. Il poeta si accorge con orrore che nello specchio non viene riflessa la sua immagine e manifesta i suoi sentimenti contrastanti nei confronti di Giulietta, che ama e odia al tempo stesso.

In seguito Hoffmann chiede a Schlemihl la chiave della stanza della cortigiana, ma tale richiesta fa scoppiare una violenta lite fra i due che si conclude con la morte di Schlemihl, ucciso con la spada di Dapertutto. Dopo essersi impossessato della chiave di Giulietta corre verso casa sua, per tornare indietro perché la giovane sta arrivando in gondola. La giovane non accetta l’amore di Hoffmann e sceglie il terzo dei suoi pretendenti, Pitichinaccio. Hoffmann, desolato, si allontana in compagnia del suo inseparabile Nicklausse.

L’epilogo si svolge ancora una volta a Norimberga, nella taverna di Luther.

Hoffmann ha terminato il suo racconto e Lindorf, vedendolo completamente ubriaco, pensa di avere ormai partita vinta. Nel vicino teatro dell’Opera, intanto, la rappresentazione del Don Giovanni è finita tra gli applausi ed anche nella taverna tutti brindano al successo di Stella.

Luther prepara il punch, mentre gli studenti riprendono a cantare. La prima donna fa la sua entrata nel locale e si dirige subito verso Hoffmann, ma il poeta è in uno stato tale di ubriachezza che non può impedire a Lindorf di accompagnare la diva.

Hoffmann canta un’ultima strofa della storia di Kleinzach, prima di crollare su di un tavolo. Rimasto solo, ha una visione nella quale gli appare la musa della poesia che gli consiglia di dedicarle tutta la sua vita; il poeta acconsente stregato. In lontananza le voci degli studenti, che brindano di nuovo.

 

Libretto http://musicologia.unipv.it/collezionidigitali/ghisi/pdf/ghisi200.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Les_contes_d%27Hoffmann_(Offenbach,_Jacques)

Il segreto di Susanna

Il segreto di Susanna

Lingua originale italiano
Genere Intermezzo
Musica Ermanno Wolf-Ferrari
Libretto Enrico Golisciani
Atti uno
Prima rappr. 4 dicembre 1909
Teatro Nationaltheater, Monaco di Baviera
Personaggi
  • Conte Gil baritono)
  • Contessa Susanna, sua moglie (soprano)
  • Sante, servo (mimo)

Il Conte rientra a casa, col sospetto di avere visto sua moglie, Susanna, camminare da sola per la strada, cosa che dopo le nozze le aveva proibito di fare. È sollevato quando scopre che Susanna sta suonando il piano nel salotto. La donna che aveva visto, però, era proprio la moglie, che poi è rientrata in casa poco prima del Conte.

Il sollievo del Conte dura poco. Nella stanza c’è odore di tabacco, e questo lo sorprende, poiché né lui, né Susanna, né il servo Sante fumano. Un improvviso terribile pensiero fulmina il Conte: è possibile che Susanna lo tradisca con un fumatore? Egli parla alla moglie, vergognandosi di avere tali sospetti; vorrebbe abbracciare Susanna, ma nota che l’odore di tabacco viene proprio dai suoi abiti.

Susanna infine ammette di avere un segreto, ma non vuole assolutamente dire di cosa si tratta. Susanna si chiude in camera e il Conte, furioso, prende a mettere la casa sottosopra. Poco dopo il Conte si appresta a uscire per raggiungere il suo club.

Appena il Conte lascia la casa, Susanna chiude la porta e apre il pacchetto che aveva consegnato a Sante rientrando in casa. Susanna estrae una sigaretta ed entrambi si mettono a fumare. Ecco qual era il segreto! Mentre lei e Sante fumano, però, il Conte ritorna. Sentendo nuovamente l’odore di tabacco, col pretesto di cercare l’ombrello che aveva dimenticato, si mette a cercare nella casa l’amante di Susanna.

Non avendo avuto successo, il Conte, furioso, esce di nuovo, e Susanna si accende una seconda sigaretta. Il Conte rientra ancora, sicuro che questa volta coglierà la moglie in flagrante. Cerca di afferrarle la mano e si brucia, venendo così a scoprire il segreto di Susanna. I due si perdonano a vicenda e si giurano eterno amore fumando insieme.

 

Libretto http://www.teatrolafenice.it/media/3uxtv1452847278.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Il_segreto_di_Susanna_(Wolf-Ferrari%2C_Ermanno)

Il crepuscolo degli dei

Il crepuscolo degli dei

Titolo originale Götterdämmerung
Lingua originale tedesco
Musica Richard Wagner
Libretto Richard Wagner
Atti un prologo e tre atti
Epoca di composizione 1869-1874
Prima rappr. 17 agosto 1876
Teatro Bayreuth, Festspielhaus
Prima rappr. italiana 18 aprile 1883
Teatro Venezia, Teatro La Fenice
Personaggi
  • Siegfried (tenore)
  • Gunther (baritono)
  • Alberich (baritono-basso)
  • Hagen (basso)
  • Brünnhilde (soprano)
  • Gutrune (soprano)
  • Waltraute (mezzosoprano)
  • Prima Norna (contralto)
  • Seconda Norna (mezzosoprano)
  • Terza Norna (soprano)
  • Woglinde (soprano)
  • Wellgunde (mezzosoprano)
  • Flosshilde (mezzosoprano)

Rocca di Brunilde. Le figlie di Erda, le tre Norne, tessono il filo del destino cantando allegramente del presente e del futuro che sarà segnato da un grande incendio appiccato da Wotan, come segnale dell’abbandono degli dei. Il filo improvvisamente si spezza e le donne piangono per aver perso la loro saggezza e si allontanano.

Dalla caverna compaiono Brunilde e Sigfrido, pronto per partire verso nuove avventure. La donna supplicando il Sigfrido di non dimenticarsi del loro amore, così riceve da lui, come prova di fedeltà, il suo anello preso a Fafner. L’uomo, a cavallo di Grane, donato da Brunilde, se ne va.

Atrio dei Ghibicunghi. Il signore dei Ghibicunghi, popolani del lungo Reno, Gunther, è seduto sul suo trono quando il fratellastro Hagen gli suggerisce di trovare al più presto una moglie e un marito per la sorella Gutrune, suggerendogli due nomi, quello di Brunilde e di Sigfrido.
Con l’obiettivo di far innmorare Sigfrido, consegna a Gutrune una pozione magica che aiuterà i due innamorati a dimenticarsi uno dell’altro.

Sigfrido arriva a palazzo ospite di Gunther. Gli viene subito offerta la pozione magica che Sigfrido beve brindando proprio alla sua Brunilde, fa subito effetto infatti il giovane si innamora immediatamente di Gutrunde. Successivamente promette anche a Gunther di trovargli al più presto una sposa che sarà proprio Brunilde e sanciscono la loro nuova amicizia con un patto di sangue.

Intanto Brunilde riceve la sorella Waltraute che la supplica di restituire alle figlie del Reno l’anello lasciatole da Sigfrido, perchè solo così poteva aver fine la maledizione inflitta dagli dei che stava colpendo anche il loro padre Wotan. Brunilde non accetta di separarsi dall’anello e la sorella se ne va arrabbiata.

Sigfrido indossando l’elmo magico ha preso le sembianze di Gunther, chiede a Brunilde si sposarlo, ma la ragazza si oppone fermamente. Tra i due ha inizio una violenta lotta che porta il finto Gunther a strapparle dal dito l’anello che si infila subito.

Rive del Reno. Hagen sogna una visita del padre Alberich che gli ordina di prender possesso dell’anello. Torna Sigfrido che ha ripreso le sue sembianze originali mentre viene richiamato il popolo per far festa al re Gunther e alla sua sposa. Arrivano il re e Brunilde. Quest’ultima rimane impietrita quando vede Sigfrido indossare l’anello.

Gunther, Hager e Brunilde restano soli e organizzano di comune accordo di uccidere Sigfrido. La donna in preda al desiderio di vendetta per esser stata tradita da Sigfrido, suggerisce ai due il punto debole dell’uomo, la schiena, unica zona del corpo a non esser protetta dalla magia. Così organizzano un’uscita di caccia per uccidere Sigfrido.

Boschi sul Reno. Sigfrido si allontana dalla battuta di caccia e si avvicina alle figlie del Reno che stanno piangendo. Le ninfe gli chiedono di restituire loro l’anello, per interrompere la maledizione, ma l’uomo non le ascolta e viene da loro maledetto con la predizione della sua morte. Sigfrido torna insieme agli altri cacciatori e narra i suoi ricordi di gioventù quando, sotto gli influssi di una pozione magica, data da Hagen, inizia a raccontare di quando ha risvegliato la bella Brunilde con un solo bacio.

Due corvi improvvisamente prendono il volo e mentre Sigfrido è distratto dal loro volo, viene trafitto a morte alla schiena da Hagen.
Gutrune attende il ritorno del marito ma apprendendo la notizia della sua morte è disperata.
Mentre Hagen e Gunther discutono sulle loro colpe, Hagen riesce a togliere l’anello dal cadavere di Sigfrido e per difenderlo uccide Gunther. Tenta di impossessarsi dell’anello quando la mano del morto si solleva provocando terrore in Gunther.

Brunilde ordina che venga appiccata una grande pira funebre vicino al fiume avvisando le figlie del Reno di venire a recuperare l’anello dalle ceneri.
La donna a cavallo di Grane, galoppa tra le fiamme quando il fiume improvvisamente straripa dagli argini e l’anello recuperato cade in acqua. Hagen cerca di prenderlo ma annega.
Le figlie del Reno riescono finalmente a salvare l’anello uscendo trionfanti dall’acqua.
Intanto nel cielo si scorge un altro grande incendio, voluto da Wotan, che distrugge ogni cosa.

 

Libretto http://www.teatrolafenice.it/media/libretti/100_314Gotterdammerung.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/G%C3%B6tterd%C3%A4mmerung,_WWV_86D_(Wagner,_Richard)

Sigfrido

Sigfrido

Titolo originale Siegfried
Lingua originale tedesco
Musica Richard Wagner
Libretto Richard Wagner
Atti tre
Epoca di composizione 1851-52 e 1856-1871
Prima rappr. 16 agosto 1876
Teatro Bayreuth, Festspielhaus
Prima rappr. italiana 17 aprile 1883
Teatro Venezia, Teatro La Fenice
Personaggi
  • Sigfrido (tenore)
  • Mime (tenore)
  • Il Viandante/Wotan (basso-baritono)
  • Alberich (basso-baritono)
  • Fafner (basso)
  • Erda (contralto)
  • Brünnhilde (soprano)
  • Voce dell’uccello della foresta (soprano)

Sono passati alcuni anni dagli eventi de La Valchiria. Mime, il fratello di Alberich, sta forgiando una spada nella sua caverna nella foresta: il nano ha in mente di impossessarsi dell’anello servendosi di Sigfrido. Il ragazzo però finora ha rotto qualsiasi spada che egli gli ha fabbricato. Sigfrido un giorno chiede a Mime di parlargli delle sue origini: anni prima, Mime, trovò nella foresta sua madre, Sieglinde, l’aiutò a partorire ma lei muorì dandolo alla luce, così lo portò con se. Mostra a Sigfrido i frammenti di Nothung, l’arma appartenuta al padre che morì nel momento in qui la spada si spezzò. Il giovane gli ordina di riforgiare la spada.

Mime non è in grado infatti di riparare la spada. Un vecchio Viandante (Wotan travestito) giunge all’improvviso e scommette con Mime la sua testa che saprà rispondere a tre indovinelli che il nano vorrà sottoporgli. Mime acconsente: chiede di nominargli le tre razze che vivono sotto terra, sulla superficie e nei cieli. Si tratta dei Nibelunghi, dei giganti e degli dei, risponde correttamente il Viandante. Il Viandante gli chiede di dirgli il nome della razza più cara a Wotan, ma da lui trattata più duramente, il nome della spada che può distruggere Fafner ed il nome della persona che può forgiarla. Mime risponde: i Valsidi e Nothung, ma non conosce il terzo nome. Ciò nonostante, il Viandante lo risparmia, rivelandogli che solo “colui che non conosce la paura” potrà riforgiare Nothung, e sarà anche colui che ucciderà Mime. Quindi se ne va.

Mime comprende che l’unica cosa che non ha insegnato a Sigfrido è la paura, e il giovane è ansioso di apprenderla: Mime promette di insegnargliela conducendolo dal drago Fafner. Poiché il nano non è stato in grado di riforgiare Nothung, Sigfrido decide di provarci da solo: riunisce i frammenti di metallo, li fonde insieme e fabbrica così una nuova spada. Mime si ricorda delle parole del Viandante e capisce che ora sarà ucciso da Sigfrido: non visto, prepara allora una bevanda avvelenata da offrire al giovane subito dopo che egli avrà ucciso Fafner.

Il Viandante giunge all’ingresso della caverna di Fafner: lì si trova anche Alberich, deciso a riprendersi l’anello. I due antichi nemici si riconoscono subito. Alberich rivela a Wotan i suoi piani di dominio del mondo. Wotan, invece, sveglia Fafner e informa il drago che sta per giungere un eroe per combatterlo. Fafner si fa beffe di quella minaccia, rifiuta di riconsegnare l’anello ad Alberich, e torna a dormire. Wotan e Alberich partono.

All’alba, giungono Sigfrido e Mime. Mime si nasconde mentre Sigfrido va per affrontare il drago. In attesa che questo si mostri, il giovane vede un uccello della foresta: cerca di imitare il suo verso con una canna, ma senza successo. Suona quindi una nota con il suo corno, che attira Fafner fuori dalla caverna. I due combattono e Sigfrido trafigge al cuore il drago con Nothung.

Prima di morire, Fafner, lo avverte di guardarsi dal tradimento. Quando Sigfrido estrae la lama dal corpo del drago, le sue mani sono ricoperte del sangue ed egli istintivamente le porta alla bocca, assaggiandolo. Dopo averlo bevuto, riesce a comprendere il canto dell’uccello della foresta. Facendo come questi gli suggerisce, prende dall’antro del drago l’anello e l’elmo magico che consente di mutare forma e divenire invisibili. Ricompare Mime e Sigfrido si lamenta con lui perché ancora non ha imparato cosa sia la paura. Ansioso di mettere mano sull’anello, Mime offre al giovane il veleno, ma tra i poteri del sangue del drago che ha bevuto vi è anche quello di leggere il pensiero, perciò ora Sigfrido intuisce le malvagie intenzioni del nano, e lo uccide.

L’uccello della foresta canta di una donna addormentata su una roccia circondata dal fuoco. Sigfrido, pensando di poter forse apprendere il significato della paura da costei, si dirige verso la sommità della montagna.

Il Viandante compare lungo il sentiero che conduce alla roccia di Brunilde ed evoca Erda, la dea della terra. Ella, confusa, dice a Wotan di non poterlo aiutare, ma questi l’informa di non temere più la fine degli dei, anzi, la desidera: la sua eredità passerà a Sigfrido il Valside, e la loro figlia, Brunilde, compirà l’impresa che redimerà il mondo. Erda sprofonda di nuovo nelle viscere della terra.

Giunge Sigfrido, e il Viandante lo interroga. Il giovane, che non ha riconosciuto suo nonno, risponde con insolenza e fa per proseguire verso la cima. Il Viandante gli blocca il passo e allora Sigfrido gli spezza la lancia con un colpo della sua spada. Wotan ne raccoglie i pezzi e scompare.

Sigfrido giunge infine di fronte al cerchio di fuoco e lo attraversa. Vede la figura in armatura che giace addormentata e dapprima pensa che sia un uomo. Ma dopo che ha rimosso l’armatura si accorge che si tratta di una donna. Quella vista lo colpisce, non sa cosa fare e per la prima volta nella sua vita sperimenta la paura. Bacia Brunilde, svegliandola dal suo sonno. Dapprima esitante, Brunilde è poi vinta dall’amore di Sigfrido, rinuncia al mondo degli dei. Insieme, i due cantano “l’amore lucente e la morte ridente”.

 

Libretto http://www.dicoseunpo.it/W_files/Siegfried.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Siegfried,_WWV_86C_(Wagner,_Richard)

La Valchiria

La Valchiria

Titolo originale Die Walküre
Lingua originale tedesco
Musica Richard Wagner
Libretto Richard Wagner
Atti tre
Prima rappr. 26 giugno 1870
Teatro Monaco di Baviera, Teatro Nazionale
Prima rappr. italiana 15 aprile 1883
Teatro Venezia, Teatro La Fenice
Personaggi
  • Siegmund (tenore)
  • Hunding (basso)
  • Wotan (basso-baritono)
  • Sieglinde (soprano)
  • Fricka (mezzosoprano)
  • Brünnhilde, valchiria (soprano)
  • Gerhilde, valchiria (soprano)
  • Helmvige, valchiria (soprano)
  • Ortlinde, valchiria (soprano)
  • Waltraute, valchiria (mezzosoprano)
  • Rossweisse, valchiria (mezzosoprano)
  • Seigrune, valchiria (contralto)
  • Grimgerde, valchiria (mezzosoprano)
  • Schwertleite, valchiria (mezzosoprano)

Nella capanna di Hunding. Il Velsungo (figlio di Wotan), sfuggendo ai suoi nemici, in una notte di tempesta, trova rifugio in una capanna dove trova Sieglinde, la moglie del selvaggio Hunding, che lo conforta e gli chiede delle sue sventure. Sopraggiunge Hunding, tornato dalla caccia; dai racconti di Siegmund si rende conto che si tratta del “figlio del lupo” suo nemico.

Lo sfida pertanto a duello per il giorno dopo. Ma Sieglinde da al marito una bevanda soporifera e raggiunge Siegmund. Sboccia l’amore fra i due che diventano amanti. Sieglinde racconta che  il giorno delle nozze, il padre, infisse una spada nel frassino intorno a cui è costruita la capanna di Hunding, così Siegmund ricorda che il padre gli aveva promesso una spada invincibile. I due si riconoscono come fratelli. Vedendo la spada, mai estratta, Siegmund esulta impossessandosi dell’arma a cui dà il nome di Notung.

Montagna rocciosa e selvaggia. Wotan chiama a sé Brunilde, la prediletta delle sue Valchirie, le fanciulle che gli ha generato Erda, incaricate di condurre al Walhalla gli eroi morti in duello e in battaglia; le ordina di aiutare Siegmund nell’imminente duello con Hunding. Ma sopraggiunge Fricka: come può Wotan dare il suo appoggio ad una coppia adultera e incestuosa? Egli non può infrangere così la legge degli dèi per proteggere colui che Fricka sa bene essere suo figlio. Dopo che Fricka ha ottenuto da lui la promessa che si schiererà dalla parte di Hunding e che la Valchiria non interferirà, Wotan richiama Brunilde per proibirle di aiutare Siegmund.

Brunilde annuncia a Siegmund la sua prossima morte, ma l’eroe si rifiuta di morire e affronta coraggiosamente, nonostante sappia di non avere il favore degli dei, il duello con Hunding. Toccata dalla forza del suo amore, Brunilde, disobbedendo a Wotan, si interpone per difenderlo, ma Wotan spezza Notung con la sua lancia, permettendo a Hunding di uccidere Siegmund. La ribelle Brunilde terrorizzata raccoglie i pezzi della spada e porta via con sé Sieglinde, mentre Wotan fulmina Hunding che cade morto a terra.

Sulla vetta di un monte. Le Valchirie, sapendosi attese da Wotan, cavalcano per radunarsi con il loro consueto carico di cadaveri di eroi, ma alla loro riunione manca  Brunilde. Essa sopraggiunge con una donna esanime, Sieglinde, e racconta alle sorelle la sua ribellione a Wotan, implorando l’aiuto. Le sorelle terrorizzate rifiutano e le consigliano di far fuggire Siegliende. Brunilde rivela che Sieglinde è in attesa del figlio di Siegmund, le consegna i pezzi della spada e dice di recarsi nella foresta dove hanno rifugio Alberich e Fafner, perché Wotan non può andare in quel luogo.

Sopraggiunge Wotan che condanna Brunilde alla mortalità e ad un lungo sonno, da cui la risveglierà l’uomo destinato a possederla e a sottometterla. Brunilde chiede al padre che almeno cinga il suo sonno di un’impenetrabile cortina di fuoco tale da poter essere attraversata solo da un eroe, che non conosca la paura e degno di risvegliarla. Dopo un ultimo struggente addio alla figlia, Wotan addormenta la fanciulla e evocando Loge che la circonda con un cerchio di fiamme.

 

Libretto http://www.teatrolafenice.it/media/libretti/73_2893walkcompl.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Die_Walk%C3%BCre,_WWV_86B_(Wagner,_Richard)

L’oro del Reno

L’oro del Reno

Titolo originale Das Rheingold
Lingua originale tedesco
Musica Richard Wagner
Libretto Richard Wagner
Atti uno – 4 scene
Prima rappr. 22 settembre 1869
Personaggi
  • Wotan (basso)
  • Fricka (mezzosoprano)
  • Donner (basso)
  • Froh (tenore)
  • Loge (tenore)
  • Freia (soprano)
  • Fafner (basso)
  • Fasolt (basso)
  • Alberich (basso)
  • Mime (tenore)
  • Erda (contralto)
  • Flosshilde (contralto)
  • Wellgunde (soprano)
  • Woglinde (soprano)

E’ l’alba; il fiume Reno viene protetto dalle ondine, Woglinde, Wellgunde e Flosshilde, le figlie del fiume. Attirato dai loro giochi, all’improvviso compare dai sotterranei della terra il nano o nibelungo Alberich. Le tre ondine cominciano a provocare Alberich per poi sottrarsi alle sue avances gettandolo in uno stato di rabbiosa frustrazione.

Intanto il sole indora il fiume rivelando la presenza dell’oro. Le tre ondine svelano ad Alberich il segreto dell’oro del Reno: chiunque riuscirà a strapparlo alle acque e lo utilizzerà per forgiare un anello conquisterà il dominio dell’universo; convinte che il nano non accetterà mai la condizione di rinunciare per sempre all’amore. Il nano, invece, dopo il fallimento del tentativo di seduzione, rinuncia all’amore, si appropria dell’oro e scompare.

Nel regno degli dei; Wotan ha affidato la costruzione di un magnifico castello ai giganti Fasolt e Fafner, promettendo loro come ricompensa la dea dell’amore, Freia. Nonostante le preoccupazioni della moglie, sorella di Freia, il dio non comprende di aver agito con eccessiva leggerezza. Freia infatti fugge.

Di fronte all’evasività di Wotan, i due progettano di rapire la dea. La sua assenza avrebbe infatti conseguenze catastrofiche: mangiando i pomi che lei coltiva, gli dei ottengono la garanzia dell’immortalità e dell’eterna giovinezza. Senza gli dei potrebbero morie.

L’insistenza dei giganti sta per determinare un conflitto. Wotan non sa come risolvere il roblema e aspetta con ansia l’arrivo di Loge. Quest’ultimo trova una soluzione, consegnerà loro il prezioso oro appartenente Alberich.

Le figlie del Reno chidono la restituzione dell’oro, perchè una nuova minaccia sta per abbattersi sul regno degli dei. I due giganti accettano lo scambio e prendono in ostaggio Freia; se a sera non gli verrà consegnato l’oro, la dea rimarrà con loro. Wotan accetta, rivelando così che il suo nuovo interesse è ottenere l’anello dal nibelungo.

Wotan e Loge scendono nelle viscere della terra, dove Alberich grazie all’anello ha schiavizzato tutti i nibelunghi. La bravura del fratello Mime, consente al nano di disporre anche di un elmo magico che lo gli permette di trasformarsi in diverse creature, permettendogli così di dominare ancora meglio i poveri nilbelunghi, ormai terrorizzati. Loge comprende subito di poter sfruttare a proprio vantaggio il nano stuzzicandone l’orgoglio. Finge, infatti, di non credere al potere di Alberich, e lo sfida a trasformarsi in un rospo. Così viene catturato e portato nel regno degli dei.

Wotan pretende l’anello e per averlo scatena tutta la sua furia. Alberich è obbligato a cedere, ma lancia una maledizione sul prezioso oggetto: chiunque se ne impossesserà, ne verrà annientato.

L’arrivo dei due giganti mette nuovamente alla prova Wotan che, costretto a scegliere tra potere e amore, si oppone alla cessione dell’anello. Solo l’arrivo della dea Erda, che impersona la saggezza della madre terra, lo induce a cedere. La divinità gli predice, infatti, che chi avrà l’anello in mano sarà vittima di un infausto destino.
Intanto il gigante Fafner, preso dall’avidità, uccide il fratello e fugge con l’anello. La calma sembra tornare nella dimora degli dei, mentre le ondine continuano a richiedere la restituzione dell’oro del Reno.

 

Libretto http://www.teatrolafenice.it/media/libretti/118_9179DasRheigold.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Das_Rheingold,_WWV_86A_(Wagner,_Richard)

La Cenerentola

La Cenerentola

Titolo originale La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo
Lingua originale italiano
Genere dramma giocoso
Musica Gioachino Rossini
Libretto Jacopo Ferretti
Fonti letterarie Charles Perrault, Cendrillon
Atti due
Prima rappr. 25 gennaio 1817
Teatro Teatro Valle, Roma
Personaggi
  • Don Ramiro, principe di Salerno (tenore)
  • Dandini, suo cameriere (baritono)
  • Don Magnifico, barone di Montefiascone, padre di (basso buffo)
  • Clorinda (soprano), e di
  • Tisbe (mezzosoprano)
  • Angelina, sotto il nome di Cenerentola, figliastra di Don Magnifico (contralto)
  • Alidoro, filosofo, maestro di Don Ramiro (basso)
  • Dame che non parlano (comparse)

In un salone del decadente castello di Don Magnifico
Le due figlie di Don Magnifico, Clorinda e Tisbe, si pavoneggiano alla specchio, mentre la figliastra, Angelica (Cenerentola), canta lamentando la sua situazione. Le sorellastre la zittiscono proprio mentre entra in scena Alidoro, sotto le false spoglie di mendicante. Il suo scopo è spiare le tre fanciulle e riferire al principe i loro comportamenti. Il principe è infatti in cerca di una moglie alla sua altezza.

Il falso mendicante viene maltrattato da Clorinda e Tisbe; solo Angelica lo aiuta, dandogli di nascosto un po’ di caffè. All’arrivo del principe le fanciulle fanno di tutto per fare una buona impressione.
A seguire entra il principe don Ramiro, vestito da paggio; egli ha infatti scambiato le vesti con il servo Dandini. Tra il principe in incognito e la giovane Cenerentola scocca subito l’amore. Nessuno dei presenti si accorge dello scambio di persona attuato dai due.

Cenerentola chiede al padre il permesso di andare alla festa organizzata dal principe a cui tutti si stanno recando, ma egli le nega con sdegno il permesso. Alidoro comprende l’animo gentile della giovane e decide di aiutarla.

Nel palazzo reale, Don Ramiro e Dandini (ancora con le vesti scambiate), parlano con le figlie di don Magnifico e decidono di metterle alla prova: Dandini informa che una ragazza sarà sua sposa, mentre la sorella andrà a don Ramiro. Nessuna delle due giovani accetta il corteggiamento del finto servo.

Una strana ragazza, vestita elegamentemente e con il volto celato, giunge a castello: si tratta di Cenerentola, vestita per l’occasione dal fido Alidoro.
Don Magnifico riconosce senza ombra di dubbio Cenerentola, ma è sicuro che il principe sceglierà o Clorinda o Tisbe. L’anziano barone confida anche alle due ragazze che ha potuto farle vivere nella ricchezza, appropriandosi e sperperando il patrimonio di Angelina.

Cenerentola rifiuta infastidita le proposte di Dandini, dicendogli di essere innamorata del suo “paggio”; queste parole riempiono di gioa don Ramiro, il quale riceve un braccialetto da Cenerentola, dicendogli che se veramente vuole amarla, dovrà cercarla e restituirglielo. La giovane ragazza fugge, mentre Ramiro è più che mai deciso a ritrovarla.
Dandini rivela a don Magnifico di essere in realtà il servo del principe; don Magnifico, adirato e indignato, se ne va.

Nel frattempo Cenerentola, tornata a casa, ripensa alla magia di quella sera alla festa. I suoi pensieri vengono interrotti dal ritorno a casa di don Magnifico e le sorellastre, irati per la rivelazione.
Inatnto un violento temporale (e il provvidenziale aiuto di Alidoro), fanno in modo che la carrozza del principe si rompa proprio davanti il palazzo di don Magnifico.

Don Magnifico non demorde, è ancora intenzionato a far sposare al principe una delle sue figlie; chiede quindi a Cenerentola di porgere una sedia al regale ospite. Il barone le svela lo scambio di abiti, rivelando la vera identità di don Ramiro. I due giovani si riconoscono immediatamente, mentre i parenti sfogano la loro ira contro Cenerentola.

Dandini e don Ramiro la difendono, reclamando vendetta verso la famiglia di lei. L’animo nobile e gentile di Cenerentola la spinge a chiedere la grazia al principe per la sua famiglia rendendo il perdono la sua unica vendetta.
I due promessi sposi si riuniscono.
Divenuta ormai principessa, Cenerentola concede il perdono ai suoi familiari, i quali sottolineano la sua nobiltà d’animo affermando che nessun trono sia veramente degno di lei.

Aida

Aida

Lingua originale italiano
Genere opera drammatica
Musica Giuseppe Verdi
Libretto Antonio Ghislanzoni
Fonti letterarie Auguste Mariette (originale)
Atti quattro
Prima rappr. 24 dicembre 1871
Teatro Teatro khediviale dell’Opera, Il Cairo
Prima rappr. italiana 8 febbraio 1872
Teatro Milano, Teatro alla Scala
Personaggi
  • Aida, principessa etiope (soprano)
  • Radamès, capitano delle Guardie (tenore)
  • Amneris, figlia del Faraone(mezzosoprano)
  • Amonasro, Re dell’Etiopia e padre di Aida (baritono)
  • Ramfis, Gran Sacerdote (basso)
  • Il Re d’Egitto, padre di Amneris (basso)
  • Una sacerdotessa (soprano)
  • Un messaggero (tenore)
Sala del palazzo del re a Menfi. Ramfis e Radamès condividono la preoccupazione per una nuova invasione degli Etiopi. Presto il re rivelerà il nome del condottiero nominato da Iside per guidare le truppe reali. Radamès spera di essere scelto per poter liberare la sua amata Aida che è stata ridotta in schiavitù dagli Egiziani e si trova al servizio di Amneris. Quest’ultima è a sua volta innamorata di Radamès e vede in Aida una temibile rivale.
Un messaggero annuncia che gli Etiopi, guidati da Amonstro, stanno per attaccare Tebe e il re annuncia che Radamès è l’eroe designato. Tutti esultano tranne Aida, combattuta tra l’amore per il suo popolo e il padre e la passione per Radamès.
Amneris si prepara a festeggiare la vittoria del suo popolo, quando entra la principessa etiope. Per scoprire i reali sentimenti della donna, le dà la falsa notizia della  morte di Radamès sul campo di battaglia. La donna, disperata, lancia un grido di dolore, rivelando il suo amore. Amneris giura di vendicarsi.
Le trombe annunciano la vittoria. Il faraone promette a Radamès di soddisfare ogni suo desiderio che chiede che vengano liberati i prigionieri nemici, non sapendo che tra di loro vi è anche Amonasro, padre di Aida. Ramfis convince il faraone a trattenere Aida e un guerriero (in realtà Amonasro),  che giura di aver sepolto il re degli Etiopi. A Radamès viene infine promessa la mano di Amneris, mentre Aida piange il proprio destino e il re degli Etiopi giura vendetta.
Amonasro, che ha scoperto l’amore tra la figlia e Radamès, convince la donna a tradire l’amante e a farsi rivelare i piani di battaglia degli Egiziani. Aida prima rifiuta, poi cede alle minacce del Padre; riesce a farsi rivelare il sentiero che percorreranno le truppe egizie. Amonasro, esultante, esce allora dal nascondiglio, mentre Radamès si rende conto di avere tradito senza volere il suo popolo. Radamès, dopo aver fatto fuggire l‘amata con il padre, si consegna al gran sacerdote per espiare il tradimento, sia pure involontario.
Amneris ordina che le sia portato il prigioniero ed esorta Radamès a rinunciare ad Aida, in cambio della salvezza. Ma deciso a morire per la perdita dell’amante, rifiuta qualsiasi aiuto e viene condannato a essere sepolto vivo.
Radamès sta per essere murato. Mentre Radamès invoca il nome di Aida; all’improvviso la donna compare. Ha deciso di sacrificarsi insieme al suo amato. I due si abbracciano e, insieme, affrontano la morte mentre Amneris, nel tempio, invoca la pace.

Roberto Devereux

Roberto Devereux

Lingua originale italiano
Genere tragedia lirica
Musica Gaetano Donizetti
Libretto Salvadore Cammarano
Atti tre
Epoca di composizione 1837
Prima rappr. 29 ottobre 1837
Teatro Napoli Teatro San Carlo
Personaggi
  • Elisabetta, regina d’Inghilterra (soprano)
  • Il duca di Nottingham (baritono)
  • Sara, duchessa di Nottingham (mezzosoprano)
  • Roberto Devereux, conte di Essex (tenore)
  • Lord Cecil (tenore)
  • Sir Gualtiero Raleigh (basso)
  • Un paggio (contralto)

Elisabetta teme che l’amante, Devereux, la tradisce ma Sara la rassicura.

Devereux è condannato per tradimento durante la guerra. Si difende davanti alla regina delle accuse subite. Elisabetta gli ricorda i bei giorni vissuti da innamorati. Entra Nottingham che abbraccia l’amico, promettendogli che lo difenderà fino alla morte.

Sara incontra Roberto che l’accusa di tradimento. Lei risponde che, dopo essere partito per la guerra, la regina l’aveva data in sposa al Duca. Roberto allora le giura eterno amore, dandole l’anello che prima Elisabetta gli aveva donato.

Gualtiero, di ritorno dalla casa di Devereux, racconta alla regina del suo arresto: di come ha tentato di nascondere una sciarpa che aveva al collo (che Sara gli aveva donato in passato). Elisabetta prende la sciarpa, furente, certa del tradimento di Roberto, mostra la sciarpa al Duca di Nottingham, che così capisce che egli è l’amante della moglie e la rabbia si fa strada in lui.

Sara riceve una lettera da parte di Roberto che le comunica di essere stato condannato a morte e che può essere salvato solo se porterà l’anello alla regina. Sara fa per partire ma viene raggiunta dal Duca, che l’accusa di infedeltà. Legge la lettera e ordina alle guardie di custodirla affinché raggiunga il palazzo solo a condanna eseguita.

Elisabetta ordina a Gualtiero di scortare Sara al suo palazzo, dato che impaurita dagli eventi, vuole la sua compagnia. Poi si rivolge all’amato Roberto, augurando che si salvi, anche se dovesse vivere fra braccia dell’ignota amante.

Giunge Sara, pallida e sfinita, che da l’anello ad Elisabetta. Finalmente la regina capisce chi è l’amante di Roberto, ma Sara la supplica di salvare la vita al conte. La regina è furente, ma è tutto inutile: un suono funebre fa tremare i presenti e Nottingham al colmo della gioia entra gridando che Roberto è morto. Elisabetta, sconvolta e furente, accusa Sara di tutto, ma il Duca si assume tutte le responsabilità. La regina condanna a morte i due coniugi e ossessionata dalle visioni del fantasma dell’amato, abdica a favore di Giacomo I.

 

Libretto  http://www.librettidopera.it/zpdf/robdev.pdf

Partitura  http://imslp.org/wiki/Roberto_Devereux_(Donizetti,_Gaetano)

 

Maria Stuarda

Maria Stuarda

Lingua originale italiano
Genere tragedia lirica
Musica Gaetano Donizetti
Libretto Giuseppe Bardari
Fonti letterarie Maria Stuart di Friedrich Schiller
Atti tre
Epoca di composizione 1834
Prima rappr. 30 dicembre 1835
Teatro Milano, Teatro alla Scala
Personaggi
  • Maria Stuarda, regina di Scozia, prigioniera in Inghilterra (soprano)
  • Elisabetta, regina d’Inghilterra (soprano)
  • Anna Kennedy, nutrice di Maria (mezzosoprano)
  • Roberto, conte di Leicester (tenore)
  • Giorgio Talbot (basso)
  • Lord Guglielmo Cecil, gran tesoriere (basso)

L’opera racconta della prigionia e della condanna a morte di Maria Stuarda, che fu regina di Scozia, moglie di Francesco II re di Francia. Rivale di Elisabetta I per il trono d’Inghilterra e per l’amore del conte di Leicester.

Elisabetta, regina d’inghilterra, annuncia le sue future nozze col re di Francia, per poter rafforzare il regno. Essa è allegra e Talbot, conte di Shrewsbury, ne approfitta per affrontare un delicato argomento: chiede la liberazione di Maria Stuarda. Cecil invece esorta la regina a non aver pietà. La regina è dubbiosa, sa che Maria ama l’uomo amato anche da lei stessa: Roberto Leicester.

Talbot incontra Leicester consegnandogli un foglio da parte di Maria. La regina, insospettita, riesce ad ottenere il foglio. Maria chiede, tramite Leicester, un colloquio ad Elisabetta nella sua prigione. La regina, stupita, insinua che Leicester provi del tenero per la rivale. Al colmo della gelosia, acconsente di andare a Forteringa.

Giunge Leicester, che spiega a Maria che la caccia è una scusa per Elisabetta per incontrarla . Scortata da Talbot, Maria implora la pietà della cugina che invece l’accusa d’infedeltà coniugale, la copre d’insulti “Figlia impura di Bolena”, promettendole la scure.

Nel castello, Maria teme che la regina si vendichi su Leicester. Rifiuta di essere confessata da un pastore protestante, essendo cattolica.

Maria sta per essere decapitata, Cecil le che chiede l’ultimo desiderio: la regina chiede solo di avere Anna accanto a sé sul patibolo. Leicester, furente entra, maledicendo l’ingiusta morte dell’amata: Maria lo supplica di perdonare, come lei ha perdonato ai suoi assassini, e si avvia al patibolo.

 

Libretto  http://www.librettidopera.it/zpdf/mastuarda.pdf

Partitura  http://imslp.org/wiki/Maria_Stuarda_(Donizetti%2C_Gaetano)

 

 

Anna Bolena

Anna Bolena

Lingua originale italiano
Genere tragedia lirica
Musica Gaetano Donizetti
Libretto Felice Romani
Fonti letterarie Ippolito Pindemonte, Enrico VIII ossia Anna Bolena,
Marie Joseph Chenier, Henri VIII,
Alessandro Pepoli, Anna Bolena
Atti due
Epoca di composizione novembre-dicembre 1830
Prima rappr. 26 dicembre 1830
Teatro Teatro Carcano, Milano
 
Personaggi
  • Enrico VIII, re d’Inghilterra (basso)
  • Anna Bolena, sua moglie (soprano)
  • Lord Rochefort, fratello di Anna (basso)
  • Giovanna di Seymour, damigella di Anna (soprano)
  • Lord Riccardo Percy (tenore)
  • Smeton, paggio e musico della regina (contralto)
  • Sir Hervey, ufficiale del re (tenore)

Enrico stanco della moglie, si invaghisce e desidera sposare Giovanna Seymour, ancella di Anna, così coglie l’occasione del ritorno in patria dell’antico amore di Anna, Percy, per accusarla di tradimento e condannarla a morte.

Anna, turbata cerca di dissimulare la sua tristezza. Per svagarsi, ordina al paggio Smeton di rallegrare la corte. Smeton, segretamente innamorato della regina, canta una romanza, in cui dichiara il suo amore.

Giovanna è divisa tra l’amicizia con Anna e l’amore per Enrico. Sopraggiunge il Re che promette all’amante il trono. Giovanna non riesce a convincere Enrico a desistere dal suo “piano”: sciogliere il legame matrimoniale.

Rochefort, convince la sorella a concedere almeno un incontro a Percy, e lei malvolentieri acconsente.

Giovanna si confessa colpevole di tradimento ad Anna che li maledice, ma la sua ancella chiede perdono.

Anna incontra Percy che continua a rimarcare il suo amore mai sopito, ma non può ricambiarlo, essendo regina e temendo per la loro reputazione. Al rifiuto Percy estrae la spada per uccidersi, quando interviene Smeton per difendere la regina, scambiando il tentato suicidio per un attentato alla sua vita. Il rumore della lotta richiama i cortigiani ed il re. Il re, soddisfatto per il successo del suo piano, accusa pubblicamente Anna di adulterio.

Anna Bolena si avvia al patibolo in preda al delirio vaneggia, solo al suono delle campane e al rimbombo dei cannoni si risveglia. Tornata in se, invece di maledire la nuova coppia reale, perdona e sfinita muore.

 

Libretto  http://www.librettidopera.it/zpdf/annabol.pdf

Partitura  http://imslp.org/wiki/Anna_Bolena_(Donizetti,_Gaetano)

Madame Butterfly

Madame Butterfly

Lingua italiano
Musica Giacomo Puccini
Libretto Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Fonti letterarie Madam Butterfly di John Luther Long – Madame Butterfly di David Belasco
Atti due
Prima rap. 17 febbraio 1904
Teatro Teatro la Scala di Milano
Personaggi
  • Madama Butterfly / Cio Cio-san (soprano)
  • F. B. Pinkerton (tenore)
  • Suzuki, servente di Cio Cio-san (mezzosoprano)
  • Sharpless, console degli Stati Uniti a Nagasaki (baritono)
  • Goro, nakodo (tenore)
  • Lo zio Bonzo (basso)
  • Il Principe Yamadori (tenore)
  • Kate Pinkerton (mezzosoprano)
  • Lo zio Yakusidé (baritono)
  • Il commissario imperiale (basso)
  • L’ufficiale del registro (basso)
  • Dolore (bambino)

La storia ha inizio a Nagasaki, agli inizi del ‘900. Pinkerton, tenente della marina degli Stati Uniti, si unisce in matrimonio a Cio-Cio-San, una geisha quindicenne. Il matrimonio si celebra secondo la legge giapponese; questo da diritto a Pinkerton di ripudiare la moglie in qualsiasi momento.

Le azioni di Pinkerton sono guidate da spirito d’avventura e dalla vanità. Cio-Cio-San – che dopo le nozze si fa chiamare Madama Butterfly – è realmente innamorata. Questo amore attira su di lei l’ira dello zio Bonzo, che la accusa di aver rinnegato la sua cultura e la famiglia.

Poco dopo le nozze, Pinkerton torna in patria, abbandonando la giovane sposa. Nonostante l’incredulità dell’ancella Suzuki, Butterfly è fiduciosa del fatto che suo marito tornerà da lei in primavera come da lui promesso.

Pinkerton si risposa con l’americana Kate.
Nonostante i tentativi di Goro di trovarle un nuovo marito, Butterfly continua ad avere fede nella lealtà del marito. Come prova Butterfly mostra al console il figlio nato dalla breve relazione con Pinkerton.
Dopo tre anni Pinkerton fa ritorno a Nagasaki insieme a Kate. Butterfly chiede a Suzuki di preparare la casa per accogliere nel migliore dei modi il suo sposo.
L’attesa di Butterfly si protrae per tutta la notte.

Pinkerton, messo a conoscenza dell’esistenza del figlio si reca da Butterfly; la sua unica intenzione è di prendere suo figlio, portarlo in America ed educarlo secondo gli usi occidentali.
Solo a questo punto Butterfly capisce la realtà delle cose: la sua felicità, la sua grande storia d’amore era in realtà solo un’illusione.
Decide dunque di uscire di scena in silenzio, pone il bimbo in una culla e lo benda; seguendo un’antica usanza giapponese, si toglie la vita con un pugnale cerimoniale donatole dal padre.

 

Libretto  http://www.librettidopera.it/zpdf/butterfly.pdf
Partitura  http://imslp.org/wiki/Madama_Butterfly_(Puccini,_Giacomo)

Contessa Maritza

Contessa Maritza

Titolo originale Gräfin Mariza
Lingua originale tedesco
Genere operetta
Musica Emmerich Kalman
Libretto Julius Brammer ed Alfred Grünwald
Atti 3
Prima rappr. 28 febbraio 1924
Teatro Theater an der Wien
Personaggi
  • la contessa Gräfin Mariza (soprano)
  • Il principe Fürst Moritz Dragomir Populescu (baritono)
  • il barone Kolomán Zsupán (tenore)
  • Il conte Graf Tassilo Endrödy-Wittenburg (tenore)
  • Sua sorella Gräfin Lisa (soprano)
  • Karl-Stephan Liebenberg (basso)
  •  La principessa Fürstin Elisabetta Kuddenstein (contralto)
  • messaggero Penizek (attore)
  • la zingare Manja (soprano)
  • vecchio servo della Maritza, Janos (attore)
  • lo tzigano Andras (violinista)
  • Carlo Stefano Liebenberg (tenore)
  • Penizek, suo maggiordomo (attore)
  • amica di Lisa, Ilka von Dambössy Grasuvesk

Durante la sua assenza, la contessa Maritza ha affidato beni e proprietà ad un fattore. Questi è in realtà il conte Tassilo, della nobile famiglia degli Endrody-Wittemburg, che cerca col nuovo incarico di ricostruire la dote di sua sorella Lisa, ora in collegio, ignara della rovina che si è abbattuta sulla sua famiglia.
Per festeggiare il ritorno di Maritza si organizza una grande festa alla quale partecipano tutti i suoi corteggiatori e cacciatori di dote.
Maritza afferma di essere fidanzata con un certo barone Zsupàn ma, proprio nel bel mezzo della festa, arriva il vero barone Zsupàn, allevatore di porcellini a Varasdin.
Le cose si complicano quando giungono, inaspettate, Lisa e la sua amica Ilka. Quest’ultima è una pupilla della principessa Elisabetta che, rilevati i debiti della famiglia di Tassilo, pretende che questi sposi Ilka.
Nel vortice delle coppie nasce invece un sentimento d’amore fra Maritza e Tassilo, da lei ritenuto sempre un semplice fattore. Maritza inoltre crede alla profezia della zingara Manja che le ha predetto un matrimonio con un uomo “di nobile casato”.
Dopo qualche settimana, la principessa Elisabetta è costretta a ritirare il suo ricatto. Ora nessun ostacolo si frapporrà tra Tassilo e Maritza. Tassilo svela la sua vera identità e dà anche il consenso al matrimonio fra Lisa e il barone Zsupàn.

 

Partitura http://imslp.org/wiki/Gr%C3%A4fin_Mariza_(K%C3%A1lm%C3%A1n,_Emmerich)

La Boheme

La Boheme

Lingua originale italiano
Musica Giacomo Puccini
Libretto Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Fonti letterarie Scene della vita di Boheme di Henri Murger
Atti quattro (definiti “quadri”)
Prima rappr. 1º febbraio 1896
Teatro Teatro Regio di Torino
Personaggi
  • Mimì (soprano)
  • Musetta (soprano)
  • Rodolfo, poeta (tenore)
  • Marcello, pittore (baritono)
  • Schaunard, musicista (baritono)
  • Colline, filosofo (basso)
  • Benoît, il padrone di casa (basso)
  • Parpignol, venditore ambulante (tenore)
  • Alcindoro, consigliere di stato (basso)
  • Sergente dei doganieri (basso)
  • Doganiere (basso)
 

Nella soffitta la vigilia di Natale.Marcello (pittore) e Rodolfo (poeta) tentano di scaldarsi davanti al caminetto. Si uniscono a loro Colline (filosofo) e Schaunard (musicista) con un cesto di pieno di cibo e la notizia di aver finalmente guadagnato qualche moneta. L’inaspettata visita di Benoît (il padrone di casa) smorza gli entusiasmi, chiedendo l’affitto. Ma con uno stratagemma il padrone di casa viene allontanato e il gruppo di amici si reca al caffè Momus.
Rodolfo rimane indietro, promettendo di raggiungerli non appena avesse finito di scrivere il suo articolo. Mimì, giovane vicina di casa, bussa alla porta per chiedergli la cortesia di riaccendere il suo lume. La ragazza però ha un mancamento: è il primo sintomo della tisi. Rinvenuta si accinge a tornare a casa, ma si rende conto di aver perso la chiave. I due si inginocchiano per cercarla, ma entrambi i lumi si spengono.
Rodolfo, volendo trascorrere più tempo in compagnia di Mimì, nasconde in tasca la chiave. I due conversano delle loro vite, mentre continuano a cercare la chiave al buio.
L’intimità dei due viene interrotta dalle grida degli amici di Rodolfo, che reclamano la sua presenza al caffè; quindi entrambi si recano al caffè Momus.
Intanto giunge anche Musetta, vecchia fiamma di Marcello, insieme al ricco e non più giovane Alcindoro. Musetta fa di tutto per attirare l’attenzione di Marcello, arrivando a togliersi una scarpa e scoprire la caviglia, con la scusa di un dolore improvviso al piede.
Marcello non può resisterle e si ricongiunge quindi alla giovane. La coppia di amanti ritrovati insieme al gruppo di amici, se ne va lasciando ad Alcindoro la scarpetta e il conto.

E’ giunto ormai Febbraio e la neve ricopre tutto. Le due coppie di giovani amanti scoprono ben presto che la convivenza è impossibile. I litigi tra Marcello e Musetta per gelosia sono ormai la norma, così come le incomprensioni tra Rodolfo e Mimì.
Rodolfo ha intuito la malattia di lei, capisce anche che vivere in una soffitta potrebbe peggiorare le sue condizioni. Il ricordo dei bei momenti passati insieme ha però la meglio, e i due rinviano l’inevitabile addio all’ormai prossima primavera.
Musetta e Marcello si separano dopo l’ennesima lite.

Marcello e Rodolfo, separati ormai da Musetta e Mimì, parlano dell’amore e delle pene che porta con sè. L’atmosfera diventa più giocosa quando sopraggiungono anche Colline e Schaunard. I giochi e le battute, però, servono solo a mascherare la profonda disillusione che i quattro provano realmente.
Arriva di corsa Musetta che avverte di aver visto Mimì sulle scale sofferente.
Nella soffitta del loro primo incontro, Rodolfo e Mimì ricordano con tenerezza i giorni del loro amore. Mimì si spegne così, dolcemente, circondata dai suoi amici.
Rodolfo, una volta accortosi di quanto accaduto abbraccia piangendo la sua amata ripetendo straziato il suo nome.

 

Libretto  http://www.librettidopera.it/zpdf/boheme_p.pdf

Partitura  http://imslp.org/wiki/La_Boh%C3%A8me_(Puccini,_Giacomo)

La Traviata

La Traviata

Lingua originale italiano
Musica Giuseppe Verdi
Libretto Francesco Maria Piave
Fonti letterarie Alexander Dumas, La signora delle camelie
Atti tre (quattro quadri)
Prima rappr. 6 marzo 1853
Teatro Teatro La Fenice, Venezia
Personaggi
  • Violetta Valéry (soprano)
  • Flora Bervoix, sua amica (mezzosoprano)
  • Annina, serva di Violetta, (soprano)
  • Alfredo Germont (tenore)
  • Giorgio Germont, suo padre (baritono)
  • Gastone, Visconte di Létorières (tenore)
  • Il barone Douphol (baritono)
  • Il marchese d’Obigny (basso)
  • Il dottor Grenvil (basso)
  • Giuseppe, servo di Violetta (tenore)
  • mattadori, zingarelle, servi

Parigi a metà dell’ ‘800. Gran festa nell’elegante casa parigina di Violetta, amante del barone Douphol. Alfredo Germont, suo ammiratore, la invita a ballare, ma dopo pochi passi la donna. Colta da una violenta crisi di tosse è costretta a fermarsi. Alfredo le dichiara il suo amore e Violetta gli dona una camelia, il suo fiore preferito, promettendo di rivederlo quando sarà appassita.
Successivamente Violetta e Alfredo vivono felici in una villa di campagna.
Il giovane, scopre dalla cameriera che Violetta ha venduto i gioielli per pagare le loro spese, si precipita a Parigi per procurarsi del denaro. Violetta riceve la visita di Giorgio Germont, il quale le chiede di troncare la relazione che minaccia di portare alla rovina il proprio figlio. Lei senza parenti né amici e provata dalla tisi non può accettare. Germont le fa notare che, quando il tempo avrà cancellato la sua avvenenza, Alfredo si stancherà di lei, così Violetta accetta di lasciarlo. Parte ed il giovane crede che si assenti solo per una visita, ma quando apprende che è partita su invito di Flora, si ingelosisce e decide di raggiungerla, nonostante le suppliche del padre.
Alla festa in casa di Flora, Violetta giunge accompagnata dal barone. Alfredo è al tavolo da gioco e viene invitato da Violetta ad andare via, ma lui accetta a condizione che lei vada con lui. Violetta è costretta a rivelargli di aver giurato a Douphol di non rivederlo mai più. Alfredo indignato getta il denaro vinto al gioco ai piedi di Violetta che sviene in braccio a Flora. Il padre lo rimprovera per il gesto, ma non gli svela la verità.

La tubercolosi si fa più acuta. Violetta, sola nella stanza, rilegge la lettera nella quale il vecchio Germont le annuncia di aver rivelato la verità ad Alfredo che sta per raggiungerla.
Arrivato l’abbraccia e le promette di portarla con sé a Parigi. Germont manifesta il proprio rimorso.
Violetta sembra riacquistare le forze, si alza dal letto, ma subito muore.

 

Libretto  http://www.filarmonia.it/materiale/traviata.pdf

Partitura  http://imslp.org/wiki/La_traviata_(Verdi,_Giuseppe)

La Duchessa di Chicago

La Duchessa di Chicago

Titolo originale Die Herzogin von Chicago
Lingua originale tedesco / inglese
Genere operetta
Musica Emmerich Kalman
Libretto Julius Brammere e Alfred Grunwald
Atti due, oltre ad un prologo e un epilogo
Epoca di composizione 5 aprile 1928
Teatro Theater an det Wien, Vienna

Personaggi

Mister Games Bondy, segretario di Maty Lloyd – tenore buffo
Miss Mary Lloyd di Chicago – soprano
Re Pancrazio XXVII di Sylvaria – tenore
Principe Sandor Boris, erede al trono di Sylvaria – tenore
Principessa Rosemary Sonjuschka di Morenia – soprano                                                         Mister Benjamin Lloyd, padre di Mary Lloyd                                                                             Conte Bojazowitschministro delle finanze di Sylvaria                                                             Ministro di Stato di Sylvaria
Contessa Dobruja, dama di corte                                                                                             Tihany, direttore dell’Arcobaleno
Sasha
Misha
Bojazzi Francesco Giuffrida                                                                                                     Kup Mihaly, violinista tzigano
Conte Negresco, aiutante di Sandor

 

La crisi economica europea fra le due guerre si fa sentire anche nel piccolo regno di Silvaria. Le casse dello stato sono miseramente vuote e solo un miracolo può evitare la bancarotta.
Qui un giorno arriva una giovane miliardaria americana, Mary Lloyd, che gira il mondo a caccia di nuove emozioni e divertimenti la quale acquista il castello reale di Silvaria, assicurando una cospicua somma per l’agonizzante bilancio statale.
Tutti si rallegrano tranne l’orgoglioso principe Sandor Boris del quale subito s’innamora Miss Mary.
Con la rapidità che contraddistingue gli americani, il Castello di Silvaria viene trasformato completamente; chi si diverte un mondo è la principessa Rose Marie che comincia un’affettuosa intesa col segretario di Miss Mary, Mister Bondy.
Per facilitare questa unione, re Pancrazio conferisce a Bondy il titolo di conte.
Le schermaglie fra Miss Mary e il principe Sandor continuano fino al momento in cui anche il principe, in un finale pieno di colpi di scena confessa a Miss Mary il suo amore.

La Principessa della Czarda

La Principessa della Czarda

Titolo originale Die Csárdásfürstin
Lingua originale tedesco
Genere operetta
Musica Emmerich Kalman
Libretto Bela Jenbach e Leo Stein
Atti Tre
Prima rappr. 17 novembre 1915
Teatro Johann Strauß-Theater, Vienna
Personaggi
  • Sylva Varescu, cantante
  • Edwin, figlio del principe, suo fidanzato
  • Boni/Bonifaziu, conte, amico di Edwin
  • Stasi/Anastasia, contessa, cugina di Edwin
  • Feri, un nobile, amico di Edwin
  • Eugen, parente di Edwin
  • Leopold Maria, conte di Lippert-Weylersheim, padre di Edwin
  • Anhilte, sua moglie
  • Un notaio

All’Orpheum, mondano locale di Budapest, si esibisce la bellissima canzonettista Silva Varescu che, chiamata la Principessa della Czarda (ciarda), saluta agli amici in procinto di partire per una trasferta artistica negli Stati Uniti. Il Principe Edvino di Lippert-Weylersheim, innamorato di Silva, si impegna davanti ad un notaio per sposarla entro otto settimane. Edvino viene poi richiamato a Vienna dai genitori che lo hanno promesso sposo alla Contessa Stasi. Controvoglia, è costretto a tornare nel palazzo paterno.

A palazzo si celebra il fidanzamento fra Edvino e Stasi. Silva, ritornata dagli Stati Uniti, lo scopre e si presenta al ricevimento  accompagnata dal Conte Boni, amico di famiglia, spacciandosi per sua moglie. L’arrivo improvviso suscita prima la gelosia di Edvino poi dolcezza verso l’amata. Boni, su ordine di Silva, corteggia Stasi non lasciando indifferente la fanciulla. Silva, ricevendo una nuova dichiarazione d’amore da parte di Edvino, mostra ai convitati l’impegnativa scritta davanti al notaio e annuncia di essere la Principessa della Czarda. È lo scandalo, i genitori di Edvino non tollerano che il discendente della gloriosa casata di Lippert-Weylersheim sposi una canzonettista. Silva, fra le lacrime, abbandona la festa.

In un albergo di Vienna si trova Feri, un aristocratico amico di Edvino. Nello stesso albergo, arriva anche la famiglia di Edvino: Feri riconosce nella principessa, la madre di Edvino, una famosa cantante che anni prima si era ritirata dalle scene. Viene così a cadere il motivo dello scandalo: Edvino e Silva coronano il loro sogno d’amore e Boni fa lo stesso con Stasi. La guerra si avvicina dopo l’assassinio del principe ereditario a Sarajevo, la compagnia teatrale – inconsapevole del pericolo – si mette in salvo partendo per gli Stati Uniti insieme alle due felici coppie di novelli sposi.

 

Libretto http://musicologia.unipv.it/collezionidigitali/ghisi/pdf/ghisi194.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Die_Cs%C3%A1rd%C3%A1sf%C3%BCrstin_(K%C3%A1lm%C3%A1n,_Emmerich)

Bajadera

Die Bajadere

Genere: operetta
Compositore: Emmerich Kalman
Libretto: J. Brammer e A. Grunwald
Lingua: Lingua tedesca
Atti: Tre
Prima rappr. : Vienna al Carltheater 23 dicembre 1921
Pesonaggi
Mariette soprano
Napoleon San Cloche tenore
Odette Darimonde soprano
Philippe Louis La Tourette basso
Il principe Radjami tenore

Odette Darimond, stella dei palcoscenici parigini sta replicando con grande successo l’operetta “La Bajadera” al teatro Chatelet.
Il Principe indiano Radjami, amante della “vie parisienne” da ormai molti anni, incuriosito dalla fama di Odette si reca a teatro per ammirarla in scena e se ne innamora all’istante.
Nelle altre sale del teatro Napoleone, un buffo personaggio, corteggia senza tregua Marietta, sposata con l’ormai impacciato e noioso Luigi Filippo, raccontandole dei suoi viaggi (immaginari) in India e della sua grande amicizia con il principe Radjami.
Marietta chiede dunque a Napoleone di presentare lei ed il marito al Principe e questo accade durante una festa nella residenza di quest’ultimo.
Nel frattempo il principe Radjami chiede a Odette di sposarlo ma lei, seppur innamorata, lo rifiuta per orgoglio.
Ci si ritrova a teatro, tempo dopo. Napoleone e Marietta sono diventati una coppia ma, ahimè, esattamente come erano lei e Luigi Filippo, annoiati e stufi.
Il principe Radjami frequenta tutte le sere il teatro per vedere la donna che gli ha spezzato il cuore.
Sarà il capo claque Pimprinette che, assieme al direttore del teatro, organizzerà il lieto fine tra il Principe e la Bajadera grazie ad un coinvolgente stratagemma.

Partitura http://imslp.org/wiki/Die_Bajadere_(K%C3%A1lm%C3%A1n,_Emmerich)

Pagliacci

Pagliacci

Lingua originale italiano
Genere opera lirica
Musica Ruggero Leoncavallo
Libretto Ruggero Leoncavallo
Fonti letterarie vicenda reale
Atti due
Prima rappr. 21 maggio 1892
Teatro Teatro dal Verme, Milano
Personaggi
  • Nedda, nella commedia Colombina (soprano)
  • Canio, nella commedia Pagliaccio (tenore)
  • Tonio, nella commedia Taddeo (baritono)
  • Beppe, nella commedia Arlecchino (tenore)
  • Silvio, contadino (baritono)

A sipario chiuso Tonio, Taddeo, si presenta al proscenio come Prologo.

La piccola compagnia teatrale itinerante composta dal capocomico Canio, dalla moglie Nedda e dai due commedianti Tonio e Beppe, giunge in un paesino del sud Italia per inscenare una commedia. Canio non sospetta che la moglie, molto più giovane, lo tradisca con Silvio, un contadino del luogo. Tonio, fisicamente deforme, che ama Nedda e ne è respinto, lo avvisa del tradimento. Canio scopre i due amanti che si promettono amore, ma Silvio fugge senza essere visto in volto. L’uomo vorrebbe scagliarsi contro la moglie, ma arriva Beppe a sollecitare l’inizio della commedia perché il pubblico aspetta.

Canio, Pagliaccio, deve impersonare nella farsa un marito tradito, ma la realtà prende il sopravvento sulla finzione ed egli riprende il discorso interrotto poco prima, rinfacciando a Nedda, Colombina, la sua ingratitudine e dicendole che il suo amore è ormai mutato in odio per la gelosia. La donna, intimorita, cerca di mantenere un tono da commedia, ma minacciata reagisce con asprezza. Beppe vorrebbe intervenire, ma Tonio, eccitato dalla situazione, glielo impedisce, mentre gli spettatori, dapprima attratti dalla trasformazione della farsa in dramma, comprendono troppo tardi che ciò che stanno vedendo non è più finzione. Di fronte al rifiuto di Nedda di dire il nome del suo amante, Canio accoltella a morte lei e poi Silvio, presente tra il pubblico e accorso sul palco per soccorrerla.

Tonio, Taddeo, esclama beffardo e compiaciuto, rivolgendosi al pubblico: “La commedia è finita!”. Tale battuta passò passò successivamente a Canio, divenendo la prassi esecutiva abituale.

 

Libretto http://www.librettidopera.it/zpdf/pagliacci.pdf

Partitura http://imslp.org/wiki/Pagliacci_(Leoncavallo,_Ruggiero)

L’elisir d’amore

L’elisir d’amore

Lingua originale italiano
Genere melodramma giocoso
Musica Gaetano Donizetti
Libretto Felice Romani
Fonti letterarie Le Philtre, di Eugene Scribe
Atti due
Epoca di composizione primavera 1832
Prima rappr. 12 maggio 1832
Teatro Teatro del Cannobiana, Milano
Personaggi
  • Adina, ricca e capricciosa fittaiuola (soprano)
  • Nemorino, coltivatore, giovane semplice, innamorato di Adina (tenore)
  • Belcore, sergente di guarnigione nel villaggio (baritono)
  • il dottore Dulcamara, medico ambulante (basso buffo)
  • Giannetta, villanella (soprano)
  • Cori e comparse: villani e villanelle, soldati e suonatori del reggimento, un notaio, due servitori, un moro

Trama

Mentre i mietitori stanno riposando all’ombra, Adina legge in disparte un libro che narra la storia di Tristano e Isotta. Il contadino povero Nemorino la osserva innamorato, ma dolente per della propria incapacità di conquistarla.

I contadini chiedono ad Adina di leggere la storia ad alta voce. Tristano innamorato della regina Isotta, ricorre a un filtro magico che lo aiuta a farla innamorare di lui.

Arriva in paese il sergente Belcore con lo scopo di arruolare nuove leve. Corteggia Adina e le propone di sposarlo, ma la giovane risponde di volerci pensare un po’.

Giunge il dottor Dulcamara, un truffatore, che spacciandosi per medico di grande fama, sfoggia i propri portentosi preparati. Nemorino gli chiede se possiede l’elisir che fa innamorare e il ciarlatano gli offre una bottiglia di vino bordò, spiegando che l’effetto si farà sentire dopo un giorno (quando egli sarò andato via dal villaggio). Nemorino beve l’elisir e si ubriaca, ciò lo fa diventare disinvolto abbastanza da mostrarsi indifferente nei confronti di Adina, che subito prova un certo fastidio. Per vendicarsi dell’indifferenza accetta di sposare il sergente Belcore, che però dovrà partire il giorno dopo; pertanto le nozze vengono fissate per il giorno stesso. Nemorino chiede, inutilmente, ad Adina di aspettare un giorno, così decide di comperare un’altra bottiglia di elisir, ma non avendo più denaro si arruola tra i soldati di Belcore per avere la paga. Belcore così ottiene di allontanare il suo rivale.

Giannetta sparge la notizia che Nemorino ha ottenuto una grande eredità da uno zio deceduto. Nemorino, Adina e Dulcamara non lo sanno. La novità fa sì che le ragazze del paese corteggino Nemorino e questi pensa sia l’effetto dell’elisir, Adina si ingelosisce.

Dulcamara le racconta di aver venduto a Nemorino l’elisir e lei capisce di essere amata e grazie ad una lacrima, Adina, mostra di amarlo. Adina riacquista il contratto di arruolamento di Nemorino e glielo consegna, invitandolo a restare nel paese. Nemorino è deluso, vorrebbe una dichiarazione d’amore che non arriva e allora dichiara di volersene andare. Solo allora Adina cede e dichiara di amarlo. Belcore conclude che in un altro paese troverà qualche altra ragazza da corteggiare, Dulcamara se ne va trionfante per il successo del suo elisir.

 

Libretto http://www.librettidopera.it/zpdf/eldam.pdf

Partiture http://imslp.org/wiki/L’elisir_d’amore_(Donizetti,_Gaetano)

Cavalleria Rusticana

Lingua originale Italiano
Genere Opera Lirica
Musica Pietro Mascagni
Libretto Giovanni Targioni-Tozzetti, Guido Menasci
Fonti letterarie dal dramma omonimo di Giovanni Verga
Atti uno
Prima rappr. 17 maggio 1890
Teatro Teatro Costanzi, Roma
Personaggi
  • Santuzza, giovane contadina (soprano)
  • Turiddu, giovanissimo contadino (tenore)
  • Lucia, sua madre (contralto)
  • Alfio, carrettiere (baritono)
  • Lola, sua moglie (mezzosoprano)

Trama

Ambientato alla fine dell’800 in un paese della Sicilia (Vizzini, CT) il giorno di Pasqua.

Il giovane Turiddu, prima di partire per il servizio militare, giura amore a Lola.

Al suo ritorno (un anno dopo) scopre che Lola si è sposata con Alfio, il carrettiere del paese. Turiddu l’ama ancora. Per vendicarsi decide di corteggia Santuzza, una giovane del paese. Dopo averla sedotta, inizia a trascurarla passando il suo tempo nei dintorni dell’abitazione di Alfio, andato al lavoro, nella speranza d’incontrare Lola.

Santuzza, addolorata e preoccupata, cerca Turiddu per avere spiegazioni sul suo comportamento. Si reca addirittura da Lucia, madre di Turiddu, e le racconta tutto: i suoi sentimenti per il figlio e il distacco di lui. All’arrivo di Turiddu tra i due giovani scoppia un’accesa lite, alla quale assiste anche Lola che passa lì vicino per recarsi alla chiesa per la messa di Pasqua; Turiddu vedendo Lola, si distrae dalla lite e inizia a seguirla. Santuzza offesa, appena incontra Alfio, per vendicasi gli riferisce che Lola gli è infedele.

Finita la messa, Turiddu offre da bere agli amici all’osteria della madre. Offre un bicchiere anche ad Alfio il quale, sdegnato, lo rifiuta e nel gesto di abbracciarlo, gli morde l’orecchio (gesto che indica la sfida a duello). Prima di recarsi alla sfida mortale, Turiddu saluta la madre Lucia e le chiede di avere cura di Santuzza. L’epilogo del duello è rappresentato dalle grida di una popolana che urla: ”Hanno ammazzato compare Turiddu!”.


Libretto: http://www.dicoseunpo.it/M_files/Cavalleria_rusticana.pdf

Partitura canto e pianoforte: http://ks.imslp.net/files/imglnks/usimg/2/22/IMSLP36744-PMLP46160-Cavalleria_rusticana.pdf

Partitura orchestra: http://imslp.org/wiki/Cavalleria_rusticana_(Mascagni,_Pietro)